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“Le nostre comunità vecchiette diventano ripostigli, servono i giovani”

"Si tratta di vivere concretamente le beatitudini - sostiene il cardinale Bassetti -, e dire ai giovani “Guarda che la tua sorte mi interessa, per quanto mi è possibile denuncio il male che ti è fatto e soprattutto. La tua lotta è la mia lotta, e la mia solidarietà, assieme a te, è capace di sviluppare dinamiche creative incredibili”. Questi giovani hanno diritto di sapere, dalla Chiesa, che chi trasforma il loro posto di lavoro in una trincea quotidiana fa l’opera del demonio, non quella di Dio"

Lo ha affermato lunedì il cardinale Francesco Montenegro, presidente di Caritas italiana, aprendo il 40° Convegno nazionale della Caritas diocesane

Card. Francesco Montenegro, presidente di Caritas italiana

È in corso da lunedì, per concludersi domani ad Abano Terme (Padova), il 40° Convegno nazionale delle Caritas diocesane dal tema “Giovane è… una comunità che condivide”: «Le nostre comunità un po’ vecchiette – esordisce il cardinale Francesco Montenegro, arcivescovo di Agrigento e presidente di Caritas italiana – stanno diventando dei ripostigli anziché dei rifugi. Abbiamo bisogno di innovazione, abbiamo bisogno di giovani».

Sono oltre 600 i deleganti a partecipare in rappresentanza di 220 Caritas diocesane riuniti in un luogo significativo, ovvero la diocesi di monsignor Giovanni Nervo, primo presidente di Caritas italiana, e di monsignor Giuseppe Pasini, che lo ha affiancato dall’inizio e poi ha diretto la Caritas dal 1986 al 1996: «Due sacerdoti – sottolinea il cardinale Montenegro – che con il loro pensiero e la loro testimonianza di vita, hanno lasciato alla Chiesa un’eredità che continua a produrre proposte nuove e frutti di autentica misericordia e carità». Un servizio, quello della carità, che ha una definizione ben precisa: «È esercizio – spiega il porporato – della capacità di tessere legami, di riannodare fili, di ricreare calore attorno alle persone. I poveri si aspettano da noi, oltre al servizio, l’amicizia».

L’interrogativo di fondo, a detta del cardinale, non è tanto come dare risposte, quanto piuttosto come stare di fronte: «Come stare accanto – aggiunge -, facendoci prossimi, compagni di viaggio, condividendo la vita, le gioie e le speranze. L’impegno è quello di contribuire alla ricostruzione di comunità territoriali consapevoli, solidali e capaci di speranza, a partire proprio dai giovani. Oggi c’è bisogno di aprire sentieri nuovi, guardando al povero ma anche alle comunità, educandole a servire e a mettersi accanto al povero».

Secondo il presidente di Caritas italiana, quindi, non si tratta di fare di più ma di essere più consapevoli: «Di rendersi conto – sottolinea – dei tanti cambiamenti che stanno modificando i nostri territori, al nord e al sud, che pongono in maniera ancora più pressante la domanda su come offrire risposte adeguate a questo tempo e ai bisogni che incontriamo». Da qui l’invito ad innovare lo stile della prossimità e delle relazioni: «Mettendo a disposizione – precisa – il capitale fiduciario, sociale e relazionale che le Chiese locali rappresentano».

Le testimonianze dei giovani al Convegno nazionale delle Caritas diocesane

A tal proposito, sono intervenuti Davide, Ingrid, Alessandra, Daniele, Lorenzo: alcuni giovani che hanno parlato di carcere, droga, povertà di strada e del Sud del mondo, di mancanza di lavoro e di prospettive, di disagio giovanile. Ma anche di speranza, di fede, di servizio, di vita nuova, nata proprio dalle esperienze e dagli errori fatti. Tra le storie più forti quella di Ingrid, arrestata per spaccio di droga: «Ho vissuto in carcere la crisi di astinenza – racconta -. È stato un combattimento assurdo, oscillavo tra la voglia di morire e una piccola luce. I servizi sociali mi hanno tolto mia figlia. Ho perso tutto, ma oggi ringrazio chi mi ha denunciato perché in carcere ho conosciuto la fede e il riscatto». Ora sta recuperando il rapporto con la figlia, va nelle scuole a sensibilizzare i giovani contro le droghe e aiuta altre donne che vivono esperienze simili.

Papa Francesco

E agli ultimi ha fatto riferimento anche Papa Francesco, in un telegramma firmato dal cardinale Pietro Parolin – segretario di Stato vaticano, auspicando che: «Il 40° Convegno nazionale delle Caritas diocesane – scrive il Pontefice – susciti una dedizione sempre più piena alla causa degli ultimi e dei poveri, giungendo fino alle periferie umane ed esistenziali dell’odierna società, per essere autentici apostoli della carità».

Sergio Mattarella, presidente della Repubblica

Un altro telegramma istituzionale pervenuto, quello del presidente della Repubblica Sergio Mattarella: «Costruire insieme un umanesimo condiviso – scrive il Capo dello Stato – richiede dialogo ed apertura, amicizia e impegno, solidarietà e progettualità, capacità di affrontare il tempo nuovo con visione e ideali, superando sterili spinte all’individualismo che rischiano di alimentare egoismi, paura, sfiducia. La nostra comunità nazionale ha apprezzato negli anni il lavoro tenace delle Caritas diocesane, la fedeltà quotidiana alle persone, l’impegno sincero ad includere, ad emancipare dal bisogno, a rispettare la dignità e la libertà di ciascuno. Le stesse istituzioni, che hanno il compito di garantire l’universalità dei diritti sociali, traggono sostegno da quanto si muove con autonomia nella società, favorendo una crescita di consapevolezza, di cultura, di partecipazione e protagonismo dei cittadini».

Ieri ha invece preso la parola l’arcivescovo di Perugia-Città della Pieve nonché presidente della Conferenza episcopale italiana, il cardinale Gualtiero Bassetti: «Un cristiano – afferma – non può rassegnarsi supinamente all’affermazione di una economia utilitarista e di una cultura dello scarto, che esclude i giovani, gli anziani, i nascituri, i perseguitati e gli affamati».

Il cardinale ha innanzitutto sottolineato l’importanza della condivisione concreta della vita e dei beni come caratteristica dell’esperienza cristiana: «I cristiani – osserva – sono coloro che gridano con la loro vita che è possibile vivere la fraternità, la gratuità, il dono, la giustizia, la pace. Non si tratta di utopia, di buonismo, ma di ciò di cui il mondo ha bisogno per uscire dal pauroso avvitamento su se stesso che lo sta conducendo ad offendere il creato, a strutturare il disordine come regola dei rapporti fra le nazioni, a lasciare indietro i deboli e i poveri all’interno delle società. Perché, quando l’individualismo e l’avidità diventano l’ideologia dominante e sono posti a fondamento dello sviluppo economico e sociale, essi generano un sistema che esclude, marginalizza, depreda l’ambiente, genera tali diseguaglianze da rendere insostenibile la vita sociale».

A suo dire, inoltre, c’è una verità dell’uomo che va profeticamente testimoniata: «L’uomo – precisa il presidente della Cei – non trova realizzazione e felicità nell’assecondare l’avidità, i suoi interessi personali e nell’individualismo; l’uomo trova la sua realizzazione e la sua felicità nella condivisione di vita, nell’accoglienza dell’altro, nella vita di relazione che implica necessariamente anche la rinuncia a qualcosa dell’io».

Il porporato ha poi toccato il tema dei giovani: «La Chiesa – s’interroga – percorre credibilmente i sentieri di morte che attraversano i giovani, quelli cioè che negano loro il lavoro, la casa, la speranza? È una pastorale giovanile credibile, una pastorale vocazionale autentica, quella che diserta i temi connessi al diritto al lavoro e alla casa? Nella mia esperienza pastorale quotidiana, registro la grande sofferenza prodotta nei giovani a causa dello spazio che è loro negato. Spazio nel tessuto lavorativo, per molti anche spazio abitativo (perché il prezzo delle case è irraggiungibile a chi non ha famiglie in grado di sostenere l’acquisto o l’affitto). Molti giovani soffrono per la mancanza di prospettive e sono resi drammaticamente fragili dalla assenza di speranza».

Card. Gualtiero Bassetti, presidente della Conferenza episcopale italiana

Secondo il cardinale Bassetti, non si tratta di promettere posti di lavoro in maniera ideologica: «Si tratta di vivere concretamente le beatitudini – sostiene -, e dire ai giovani “Guarda che la tua sorte mi interessa, per quanto mi è possibile denuncio il male che ti è fatto e soprattutto. La tua lotta è la mia lotta, e la mia solidarietà, assieme a te, è capace di sviluppare dinamiche creative incredibili”. Questi giovani hanno diritto di sapere, dalla Chiesa, che chi trasforma il loro posto di lavoro in una trincea quotidiana fa l’opera del demonio, non quella di Dio. Hanno anche diritto di sentirsi dire che non è vero che le cose vanno meglio se sono fondate sulla competizione sfrenata, ma che per far girare qualsiasi meccanismo occorre saper lavorare bene insieme ed essere contenti di lavorare insieme, e che la dignità della persona non dipende dai ruoli che si ricoprono, ma dalla capacità e dalla possibilità di svolgere un lavoro in maniera umana, dalla consapevolezza che quel lavoro serve alla società, è utile, ha senso. Senza questa credibile presenza solidale nella vita dei giovani è inutile, lasciatemelo dire con estrema franchezza, che come Chiesa ci domandiamo quale sia il loro ruolo».

Tutela dell’ambiente, distribuzione equa delle risorse della terra, diritto alla salute, alla casa, al lavoro sono, infine, le “vertiginose” sfide  che ci attendono secondo il presidente dei vescovi italiani: «In Italia, ad esempio – denota Bassetti – vi sono i valori, fondati sul rispetto della dignità della persona, che hanno permesso al nostro Paese di affrontare le crisi più difficili; essi sono, per di più, il cardine di una crescita economica – in un passato non così lontano – fra le più sorprendenti del mondo. Uno sviluppo tanto più solido e forte quanto più inclusivo e capace di esprimere la cultura solidale del nostro Paese».

Il cardinale Gualtiero Bassetti ha poi fatto notare che la scala globale indebolisce fortemente le strutture solidali: «D’altra parte – accusa -, è un inganno dire che queste strutture saranno salvaguardate isolando le nazioni le une dalle altre, difendendosi dagli altri, perché l’isolamento è impossibile, e perseguirlo è estremamente pericoloso dal punto di vista degli equilibri internazionali».

Per questo, a detta dell’alto prelato, occorre mettere in moto la speranza: «L’umanità nel suo insieme – puntualizza l’arcivescovo di Perugia-Città della Pieve – è capace di dare risposte coerenti alle sfide che la riguardano. Il movimento ecologico ne è l’esempio più lampante e, nonostante le opposizioni, sta segnando importanti passi avanti. È stato chiarito il rapporto inestricabile fra equilibrio ecologico e distribuzione equa delle ricchezze della terra. Davvero o ci si salva tutti insieme o non si salva nessuno».

Da qui il monito conclusivo: «Non facciamoci paralizzare dalla misura vertiginosa delle sfide – ammonisce -. È molto importante il lavoro che Papa Francesco ha iniziato con i movimenti popolari, terra, casa, lavoro. Sfide globali che troveranno la loro soluzione su scala globale. Ad esse va aggiunta, almeno, la sfida sul diritto umano alla salute, con la accresciuta capacità scientifica e tecnologica di intervento terapeutico, ma da costi che rischiano di mettere in crisi interi sistemi sanitari nazionali».

About Davide De Amicis (4516 Articles)
Nato a Pescara il 9 novembre 1985, laureato in Scienze della Comunicazione all'Università degli Studi di Teramo, è giornalista professionista. Dal 2010 è redattore del portale La Porzione.it e dal 2020 è direttore responsabile di Radio Speranza, la radio della Chiesa di Pescara-Penne. Dal 2007 al 2020 ha collaborato con la redazione pescarese del quotidiano Il Messaggero. In passato è stato direttore responsabile della testata giornalistica online Jlive radio, ha collaborato con Radio Speranza, scritto sulla pagina pescarese del quotidiano "Avvenire" e sul quotidiano locale Abruzzo Oggi.
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