“Chiesa più presente nella società: non può limitarsi a catechesi, liturgia, processioni e benedizioni”
In ogni diocesi - propone monsignor Santoro - potrebbe strutturarsi organicamente un gruppo di collegamento tra cattolici impegnati in politica stimolato ed animato dall’iniziativa degli Uffici e delle Commissioni per i problemi sociali, del lavoro, giustizia, pace e custodia del creato, riprendendo le proposte di questa Settimana. Questo coinvolgimento delle migliori energie positive dei nostri territori, questo muoversi del Popolo come soggetto, aiuterà a far nascere nuove leadership che contribuiscano ad una rinnovata politica"
La proposta della 48ª edizione delle Settimane Sociali dei Cattolici italiani è che la nuova centralità del lavoro segni la via da percorrere, diventando il cardine di una inedita alleanza intergenerazionale capace di salvare i giovani dalla stagnazione e gli anziani da una progressiva perdita di protezione. Lo ha affermato ieri monsignor Filippo Santoro, arcivescovo di Taranto e presidente del Comitato scientifico e organizzatore delle Settimane sociali, concludendo i lavori di Cagliari: «Questa – sottolinea il presule – è la linea auspicata dal presidente della Cei, il cardinale Bassetti, quando ha parlato di un nuovo patto sociale per il lavoro. Un patto sociale che, oltre alla salvaguardia della dignità umana sappia, al tempo stesso, creare occupazione e sviluppare veramente l’Italia con un progetto per il Paese e non solo con misure emergenziali. Di qui l’urgenza di sviluppare una strategia specifica per il Mezzogiorno, per i giovani, e, guardando specificamente varie realtà dell’Italia, non solo Taranto, la difesa dell’ambiente, della nostra casa comune».
Solo partendo da questa rivoluzione di metodo, secondo Santoro, è possibile declinare adeguatamente i termini di una conversione culturale che risponde alle esigenze di quel cambiamento d’epoca auspicato dal Papa: «Rimettere al centro il lavoro – spiega monsignor Santoro -, in questa prospettiva significa superare le false dicotomie che separano invece di tener insieme, partendo dalla consapevolezza che, in una prospettiva di sviluppo sostenibile, l’inclusione è un principio economico».
Secondo imperativo: «Creare un ambiente favorevole a chi lo crea e a chi lo esercita – aggiunge il presidente del Comitato scientifico delle Settimane sociali -, obiettivo che in Italia appare ancora molto lontano. Solo il lavoro che riconosce la dignità del lavoratore e lo ingaggia nella produzione di un valore, non solo economico, rende sostenibile la competitività e permette di fronteggiare la sfida della digitalizzazione». Per fare la quantità di lavoro occorre puntare sulla sua qualità: «Passare – suggerisce monsignor Filippo Santoro – da un’economia della sussistenza – come fabbricazione e sfruttamento – ad un’economia dell’esistenza – produttrice, cioè, di saper-vivere e di saper-fare è la via per salvare e insieme. In una parola umanizzare il lavoro».
Altre obiettivi sono stati lanciati dal presule, nell’ambito di quello che è stato definito un cantiere aperto: «Istituzionalizzare – osserva il vescovo -, rendendolo periodico attraverso incontri ad hoc, un aggiornamento del progetto Cercatori di LavOro – volto a rintracciare e condividere le esperienze di chi ce l’ha fatta affinché siano d’ispirazione per gli altri -, un rilancio deciso del Progetto Policoro, affinché i nostri Uffici e Commissioni di pastorale sociale aiutino le migliori buone pratiche ad emergere e ad imporsi come modelli positivi, istituendo processi di democrazia partecipativa e deliberativa che provochino chi ha le redini politiche ed economiche, con proposte concrete, sulla base della dottrina sociale della Chiesa, coinvolgendo tutti gli uomini di buona volontà. Questo in vista di quella ecologia integrale tante volte invocata da Papa Francesco nella Laudato si».
Da qui l’esigenza che ci sia una presenza maggiore della Chiesa nella società: «Ogni conversione culturale – denota l’arcivescovo di Taranto -, come verifichiamo nella conversione religiosa, accade in forza di qualcosa che viene prima della economia e della politica, in cui è chiamato in causa lo spessore della esperienza vitale delle nostre comunità parrocchiali, degli istituti religiosi, di associazioni, movimenti, servizi e altre forma di aggregazione laicale. Non possiamo chiedere la novità alla politica se non la viviamo prima noi. Prima di ogni azione sociale o politica c’è uno spessore ecclesiale da vivere come luogo in cui la vita è rigenerata nell’appartenenza al mistero di Cristo e della Chiesa».
Di qui la responsabilità della comunità cristiana, e in particolare dei fedeli laici in campo sociale e politico come ci sollecita la grande lezione del Vaticano II sino al IV capitolo della Evangelii Gaudium: «La Chiesa non è un’agenzia di collocamento sociale, come ha detto il cardinale Bassetti – sintetizza monsignor Filippo Santoro -, ma è anche vero che la vita delle nostre comunità non può limitarsi alla catechesi, liturgia, processioni e benedizioni».
A tal proposito, il presidente del Comitato scientifico delle Settimane sociali ha rilanciato l’impegno dei cattolici in politica attraverso nuovi strumenti: «In ogni diocesi – propone – potrebbe strutturarsi organicamente un gruppo di collegamento tra cattolici impegnati in politica stimolato ed animato dall’iniziativa degli Uffici e delle Commissioni per i problemi sociali, del lavoro, giustizia, pace e custodia del creato, riprendendo le proposte di questa Settimana. In tutte le diocesi appare necessario costituire e rinnovare l’impegno per la pastorale sociale intesa come fonte e mezzo di evangelizzazione. Qualora le diocesi non abbiano questi organismi, essi vanno costituiti anche grazie all’apporto di laici competenti ed impegnati con grande disponibilità, secondo lo spirito del IV capitolo della Evangelii Gaudium. Questo coinvolgimento delle migliori energie positive dei nostri territori, questo muoversi del Popolo come soggetto, aiuterà a far nascere nuove leadership che contribuiscano ad una rinnovata politica, come presenza laicale nelle attività temporali in fedeltà alla attuazione dei principi costituzionali».
Il metodo raccomandato è quello sinodale: «Che consenta – precisa Santoro – un raccordo tra le varie realtà del mondo cattolico, ma coinvolga anche persone di buona volontà anche se provengono da esperienze culturali differenti, come è già accaduto con il contributo dei parlamentari cattolici nella stesura della nostra Costituzione». Il popolo cattolico, in altre parole, per Santoro è chiamato a raccogliere la sfida della realtà: «E a promuovere – ribadisce – la formazione di uno strumento di coordinamento che possa incidere sulla politica nella prospettiva di una conversione culturale e di una rinnovata presenza dei cattolici nella società, come ci è indicato dai ripetuti interventi del Santo Padre e del presidente della Conferenza episcopale italiana. I problemi sociali e i drammi della gente non sono per noi una nicchia in cui il potere economico tenta di confinarci, lasciando a tutt’altra logica la struttura portante della società nei suoi elementi culturali, economici e politici».
Dunque, a detta del presule, l’asse portante della nostra società non può essere lasciato in mano all’attuale modello di sviluppo: «Non può vedere assenti o insignificanti i cattolici – ribadisce -. La rilevanza pubblica dei cattolici deve svilupparsi sino ad incidere sui problemi vitali delle persone e della società, quali il lavoro, la famiglia, la scuola, la difesa della salute, dell’ambiente e dei migranti». L’opzione preferenziale per i poveri e l’attività caritativa sono altri cardini dell’agire della Chiesa: «Ma – sostiene il conclude il presidente del Comitato scientifico delle Settimane sociali – siamo chiamati a prevenire con consapevolezza diffusa le cause culturali, sociali ed economiche che fanno nascere questi drammi, senza evitare opinioni diverse pur legittime nello sviluppo delle risposte ai vari bisogni, ma integrandole in luoghi di confronto, momenti di un processo che aiutino ad attuare i principi evangelici non solo a proclamarli».