Onu: “Fame nel mondo ha colpito 815 milioni di persone nel 2016”
"Malgrado i notevoli progressi fatti negli ultimi decenni - spiega Anthony Lake, direttore esecutivo dell’Unicef -, le statistiche contenute nel rapporto ci spaventano. Il ritardo di crescita fisico e cerebrale patito da milioni i bambini, così come quelli colpiti da deperimento, è allarmante e neanche li contiamo più"

Dopo una costante diminuzione da oltre un decennio, la fame nel mondo è di nuovo in aumento, avendo colpito nel 2016 circa 815 milioni di persone, vale a dire l’11% della popolazione mondiale. Questo dato preoccupante emerge dalla nuova edizione del rapporto annuale delle Nazioni Unite sulla sicurezza alimentare e la nutrizione nel mondo “The State of Food Security and Nutrition in the World 2017” (“Lo Stato della sicurezza alimentare e della nutrizione nel mondo”), pubblicato venerdì.
L’aumento – 38 milioni di persone in più rispetto all’anno scorso – è dovuto in gran parte alla proliferazione di conflitti violenti e agli shock legati al clima. Circa 155 milioni di bambini di età inferiore ai cinque anni sono troppo bassi per la loro età, mentre 52 milioni soffrono di deperimento cronico, che significa che il loro peso non è adeguato rispetto alla loro altezza. Circa 41 milioni di bambini sono invece in sovrappeso. Preoccupano inoltre, secondo l’indagine, l’anemia delle donne e l’obesità degli adulti.
Il rapporto è la prima valutazione globale dell’Onu sulla sicurezza alimentare e sulla nutrizione, rilasciata dopo l’adozione dell’Agenda per lo sviluppo sostenibile 2030, per porre fine alla fame e a tutte le forme di malnutrizione entro il 2030. I conflitti – sempre più aggravati dal cambiamento climatico – sono uno dei fattori chiave dietro il riacutizzarsi della fame e di molte forme di malnutrizione: «Nel corso degli ultimi dieci anni – dichiarano i responsabili delle agenzie Onu che hanno curato il rapporto, l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (Fao), il Fondo internazionale per lo sviluppo agricolo (Ifad), il Fondo delle Nazioni Unite per l’infanzia (Unicef), il Programma alimentare mondiale (Wfp) e l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) – i conflitti sono aumentati drasticamente e sono diventati più complessi e di difficile risoluzione».
Tra l’altro, per la prima volta Unicef e Oms si sono unite alla Fao, all’Ifad e al Wfp. In base ai dati, alcune delle più alte percentuali di bambini che soffrono la fame e la malnutrizione sono concentrate in zone di conflitto: «Assicurare società pacifiche e inclusive è una condizione necessaria – affermano gli organismi Onu -. Agli inizi del 2017 la carestia ha colpito alcune parti del Sud Sudan e c’è il rischio che possa riapparire nel Paese e in altre zone colpite da conflitti, soprattutto nel nordest della Nigeria, in Somalia e nello Yemen».
Anche regioni più pacifiche, ma colpite da siccità o da inondazioni, hanno visto deteriorarsi la sicurezza alimentare e la nutrizione: «Malgrado i notevoli progressi fatti negli ultimi decenni – spiega Anthony Lake, direttore esecutivo dell’Unicef -, le statistiche contenute nel rapporto ci spaventano. Il ritardo di crescita fisico e cerebrale patito da milioni i bambini, così come quelli colpiti da deperimento, è allarmante e neanche li contiamo più. La maggior parte sono vittime innocenti di guerre, carestia, siccità, malattie prevenibili come colera e morbillo. Una generazione la cui istruzione e la cui crescita è stata interrotta, sarà una generazione piena di odio pronta a ripetere i conflitti di oggi».
Lake ha quindi lanciato un invito ai governi: «Affinché facciano sì – esorta – che la nutrizione diventi una priorità dei loro programmi, così come l’attenzione alle fasce deboli, le campagne di vaccinazione, i programmi di sostegno alla povertà, l’allattamento al seno almeno nei sei mesi di vita». Infine ha sottolineato l’esigenza di migliorare i dati disponibili su tutti questi temi: «Al fine – conclude – di garantire un futuro di pace e prosperità per tutti questi bambini, e anche per i loro figli».