“La Chiesa italiana ha una storia di assoluta prossimità alla gente”
"Per la prima volta, il prossimo presidente della Cei sarà scelto dal Papa all’interno di una terna di nomi votata dai vescovi: "La logica della terna - spiega il cardinale Bagnasco - è la valorizzazione, da una parte, della peculiarità del Papa nella Chiesa italiana e, dall’altra, dell’aiuto dei vescovi alla scelta del Papa"

Quale consiglio dà al suo successore? «Di essere se stesso». Così il cardinale Angelo Bagnasco, arcivescovo di Genova e presidente della Cei, ha risposto ieri sera alle domande dei giornalisti alla vigilia dell’Assemblea della Cei che eleggerà il nuovo presidente il quale, per la prima volta, sarà scelto dal Papa all’interno di una terna di nomi votata dai vescovi. Sarà l’incontro del Santo Padre con i vescovi delle Chiese che sono in Italia ad aprire lunedì 22 maggio, alle 16.30 (diretta su Tv2000 e chiesacattolica.it), la 70ª Assemblea generale della Conferenza episcopale italiana.
I lavori assembleari si svolgeranno in Vaticano nell’Aula del Sinodo. Ne ha dato notizia ieri l’Ufficio nazionale per le comunicazioni sociali della Cei informando che, dopo il saluto del cardinale presidente, il Santo Padre offrirà una breve introduzione, aprendo così il dialogo (riservato) con i vescovi. Papa Francesco consegnerà un testo scritto che sarà inviato anche ai media: «Martedì 23 – riferisce l’Ufficio Cei – i vescovi procederanno all’elezione della terna relativa alla nomina del presidente della Cei.
Si confronteranno, quindi, sul tema principale di questa assemblea “Giovani, per un incontro di fede”. Tra gli altri argomenti all’ordine del giorno, il cammino di preparazione verso la prossima Settimana Sociale (Cagliari, 26-29 ottobre 2017), le norme circa il regime amministrativo dei tribunali ecclesiastici in Italia e una serie di adempimenti di carattere giuridico-amministrativo. Mercoledì 24, alle 8.30, i vescovi concelebreranno la Santa messa nella Basilica di San Pietro. Giovedì 25, alle 13.30, nell’atrio dell’Aula Paolo VI si svolgerà la conferenza stampa conclusiva.
Nel frattempo, al presidente uscente dei vescovi italiani è stato chiesto di ripercorrere il suo cammino: «Sono trascorsi 10 anni e un po’ di mesi – afferma il cardinale Bagnasco – e forse qualcuno di voi desidererebbe, anche giustamente, che io facessi una specie di bilancio. Io non sono bravo a fare bilanci. Fondamentalmente per un motivo temperamentale, perché la base della mia umanità è non solo riservata, ma fondamentalmente timida. Per me è piuttosto difficile fare bilanci, anche se qualcosa riesco a mettere insieme. Dopo l’assemblea vedremo, qualche sintesi del cammino dei vescovi italiani, vedremo se sarà il caso, se sarà possibile».
Interpellato sui ricordi più belli e più brutti sul doppio mandato di presidenza della Conferenza episcopale italiana, il cardinale ha poi risposto: «Quelli belli sono molti, e tra i molti di primo acchito vorrei scegliere questo: tutte le volte che qualche mio confratello vescovo mi ha dato una pacca sulla spalla, verbale o gestuale, uno sguardo o una parola, o un silenzio di consenso, di vicinanza, di affetto, di stima. Quello peggiore… ce ne sono diversi. Ne scelgo uno perché ha un aspetto difficile, molto difficile ma anche un aspetto molto bello. Il riferimento, generico e senza nomi e cognomi, è ad alcune situazioni, in questi dieci anni, in cui la tensione si tagliava col coltello. La sentivo io, ma anche i miei confratelli, in certi momenti, in certi passaggi di carattere sociale. Sono segnato profondamente da questi ricordi di questi passaggi, che però poi si sono sciolti. E questo è l’aspetto più positivo».
Quindi, dopo una sguardo al passato, al porporato è stato chiesto uno sguardo al futuro e più che altro sul futuro delle regole che normeranno la composizione della Presidenza della Conferenza episcopale: «Non conosco il futuro – aggiunge -, nessuno di noi lo conosce. Non so assolutamente prevedere se un domani ci sarà un cambiamento ulteriore statutario, per cui il presidente verrà eletto direttamente dall’assemblea. Certamente la storia ci dice che tre anni fa il Santo Padre ci ha chiesto di rivedere lo Statuto e di valutare se c’era qualcosa da cambiare nella nomina del presidente, “Fate voi, pensateci, parlatene…”. E noi abbiamo fatto questo lavoro, che è durato un po’ di tempo. C’è stato molto dialogo, molto confronto e siamo arrivati a questo cambiamento statutario che ha cercato di valorizzare, da una parte, il legame peculiare, unico, del Papa con l’Italia: è il primate d’Italia, e più chiaramente il vescovo di Roma, fa parte della nostra Conferenza. Ecco, allora, la logica della scelta della terna. È la valorizzazione, da una parte, della peculiarità del Papa nella Chiesa italiana e, dall’altra, dell’aiuto dei vescovi alla scelta del Papa». Interpellato sul momento preciso dell’assemblea in cui il Papa comunicherà ai vescovi la sua scelta, Bagnasco ha risposto: «Non lo so, è la prima volta, non lo sappiamo».
L’arcivescovo di Genova ha anche ripercorso il rapporto che, negli ultimi anni, si è instaurato tra Papa Francesco e la Chiesa italiana: «Fin da subito Papa Francesco – ricorda il porporato – ha insistito con forza, vigore e convinzione che la Chiesa deve essere vicina alla gente». Un pontificato, caratterizzato dalla spinta a una sempre maggiore vicinanza della Chiesa, dei pastori, alla gente, a noi: «Questa nota dominante – precisa – del variegato magistero e della pastorale del Santo Padre, la troviamo in particolarissima sintonia e ci conferma nella nostra storia. Potremo avere tutti i difetti di questo mondo, ma la Chiesa italiana ha una storia di assoluta prossimità alla gente. Basta vedere le circa 26 mila parrocchie della nostra Italia, le 225 diocesi, e tutti i sacerdoti che in un modo o nell’altro vivono accanto alla gente».
Il Pontefice ha fortemente ripetuto tre indicazioni, vicinanza, accoglienza, incontro, condivisione: «Fanno parte della nostra storia – ribadisce -, che non dobbiamo perdere o dimenticare. E la gente la riconosce, con i nostri limiti e i nostri peccati. Con le mie prolusioni su questo tema mi sono fermato quasi sempre. Spessissimo ho detto, parlando del Paese, che quello che i vescovi dicono non è letto sui libri, ma nel cuore della vita della gente. E i vescovi, in quanto pastori, lo condividono e vogliono mettere a servizio della società, della politica, in tutte le sue manifestazioni, questo tesoro, perché il contatto col territorio la Chiesa italiana ce l’ha, e nessuno lo può negare. E quando diciamo una parola sulla vita della gente, sui suoi bisogni, le sue speranze o difficoltà, lo facciamo non per partito preso, per ideologia o perché leggiamo l’ultimo sondaggio, ma perché viviamo sul territorio. È questa l’impronta, il sigillo che abbiamo avvertito immediatamente da Papa Francesco, presumo per la sua esperienza in Argentina, e che ci ha molto confortato e confermato».