Il sogno delle Chiese d’Abruzzo e Molise per famiglie, giovani e poveri
"Non occorre molto - denuncia monsignor Forte - per capire che la differenza di reddito tra un manager, un politico, un professionista, un industriale e un operaio pagato con i voucher o un disoccupato, è davvero inaccettabile sul piano della giustizia sociale e che alcune retribuzioni pensionistiche sono semplicemente scandalose in confronto all’indigenza di tanti"
Si sono ritrovati ieri, al Grand Hotel Adriatico di Montesilvano, per scrivere insieme il sogno delle Chiese d’Abruzzo e Molise per il futuro delle famiglie, dei giovani e dei poveri 300 delegati provenienti dalle undici diocesi abruzzesi e molisane, accompagnati dai rispettivi vescovi.
Un obiettivo audace che, non a caso, è impresso nel titolo della due giorni che si concluderà oggi, “Sognate anche voi questa Chiesa. Con l’Evangelii Gaudium verso famiglia, giovani e poveri”, con lo scopo di tracciare linee programmatiche concrete per realizzare sul territorio quella Chiesa in uscita e accogliente, ma soprattutto povera e per i poveri fortemente voluta da Papa Francesco: «I nostri vescovi – premette Daniela Palladinetti, presidente del Comitato preparatorio del Convegno regionale – oggi ci chiedono di verificare assieme come lo sprono del Pontefice, con particolare riguardo alla famiglia, ai giovani e ai poveri, stia orientando le nostre scelte ecclesiali e pastorali, per poter vivere nel nostro tempo i problemi come sfide e non come ostacoli, con concretezza custodendo legami autentici».
Un appuntamento, questo, frutto di un intenso cammino preparatorio: «Un lungo cammino di maturazione – racconta monsignor Pietro Santoro, vescovo di Avezzano e già delegato Ceam per il Convegno ecclesiale nazionale di Firenze -, di coinvolgimento, di lettura, di riflessione e di preghiera. La segreteria ha svolto un lavoro organizzativo incredibile, perché fare sintesi di idee e progetti delle Chiese locali è stato enormemente complesso».
E proprio queste idee e progetti sono confluiti nella relazione introduttiva di monsignor Bruno Forte, arcivescovo di Chieti-Vasto e presidente della Conferenza episcopale abruzzese e molisana, che ha introdotto i lavori contestualizzando innanzi tutto quello che è il dramma della povertà in Abruzzo. Lo ha fatto partendo dall’impietosa fotografia scattata dall’Istat nella nostra regione, dove nel biennio 2015-2016 il tasso di occupazione giovanile fra i 15 e i 24 anni è del 13,3%, mentre quello di disoccupazione è del 48,1%.
E poi ci sono i Neet, l’acronimo inglese che indica i giovani che non studiano, non lavorano e non lo cercano, al 26,9% tra i ragazzi fra i 15 e i 29 anni: «C’è una forte mobilità – sottolinea il presule -, un forte precariato e molto lavoro nero o sottopagato, che genera un’instabilità psicologica e relazionale nelle persone rendendo più difficile il pensare a prospettive per il futuro, come quella di formare una famiglia».
Ma il dramma peggiore è quello della sperequazione sociale: «Non occorre molto – denuncia monsignor Forte – per capire che la differenza di reddito tra un manager, un politico, un professionista, un industriale e un operaio pagato con i voucher o un disoccupato, è davvero inaccettabile sul piano della giustizia sociale e che alcune retribuzioni pensionistiche sono semplicemente scandalose, in confronto all’indigenza di tanti».
Insomma, ai giovani viene rubata la speranza: «Nel lavoro preparatorio al convegno – osserva il presidente della Ceam -, è emerso come loro immaginino una Chiesa umana, che non escluda nessuno, che riconosca come unica cartina al tornasole il Vangelo. Una Chiesa che vada in contro all’uomo così com’è, perché nella piena libertà possa incontrare Gesù».
Infine, dopo l’apertura di Papa Francesco verso separati, divorziati e riaccompagnati, che la Chiesa è chiamata ad accogliere, il presule ha esortato a riflettere sull’adeguatezza dei cammini pastorali adottati finora: «Non è difficile constatare – ammette l’arcivescovo di Chieti-Vasto – come spesso le nostre esperienze di pastorale familiare non siano adeguate, né le nostre comunità disposte alla conversione pastorale richiesta da Papa Francesco, nonostante i sinceri sforzi vissuti anche nel campo della formazione».
Da qui l’interrogativo su cosa sia possibile fare per elevare la qualità della vita comunitaria, così da poter accogliere, accompagnare e integrare chi ne ha bisogno, seguendo le indicazioni dell’esortazione apostolica Amori Laetitia: «Vanno evitate “scorciatoie pastorali” – replica, in conclusione, monsignor Bruno Forte – che non ci aiutano a incontrare le persone, ad ascoltare le loro storie, a condividere, la loro ricerca della felicità. Va evidenziato come i comportamenti e gli stili di vita delle relazioni affettive richiedano spesso, da parte della Chiesa, una chiara presa di posizione. Sarà necessario altre volte sospendere il giudizio e intraprendere attenti percorsi di discernimento. In particolare, va verificato l’impegno profuso nella preparazione al matrimonio, nella sua celebrazione e nella catechesi dell’iniziazione cristiana dei figli, mentre occorrerà domandarsi quali opzioni possano ritenersi necessarie per una nuova prassi pastorale alla luce del capitolo VIII di Amoris Laetitia, in vista di una vera conversione di mentalità e di scelte d’azione».
Oggi si concluderanno i tavoli di lavoro, chiamati a confrontarsi sulle nuove prassi pastorali da adottare nei tre ambiti proposti dal convegno, le cui proposte verranno illustrate dagli studiosi Attilio Danese e Giulia Paola Di Nicola. Sarà poi l’arcivescovo Forte a tirare le conclusioni della due giorni.