Giorno della memoria: “Raddoppiati in 4 anni italiani per cui non serve a nulla”
Il Giorno della Memoria, a detta degli esperti, sta lentamente scivolando verso un’accezione essenzialmente formativa e scolastica: "Correndo il rischio - concludono i ricercatori - di essere vissuto sempre meno come un qualcosa di coinvolgente e significativo. Un evento ancorato al passato e non all’oggi, che va ricordato per la sua valenza formativa, ma che rischia di perdere di vitalità rispetto al presente"

Sono raddoppiati nel giro di 4 anni gli italiani manifestamente ostili al lavoro sulla Memoria. Ad affermare infatti che il Giorno della Memoria non serve più a nulla era l’11% della popolazione nel 2014. Nel 2017 la percentuale ha raggiunto il 23%.
È il dato maggiormente inquietante che emerge dall’indagine effettuata dall’Istituto di ricerche Swg che “Pagine Ebraiche”, giornale dell’Unione delle Comunità ebraiche di Italia (Ucei), anticipa sul numero di febbraio. I dati fanno riferimento alle rilevazioni condotte nel quadriennio 2014-2017 su campioni di 1.000 persone effettuate ogni anno nel periodo compreso tra il 12 e il 22 gennaio. I ricercatori evidenziano anche la crescita dell’affermazione “gravissima” secondo la quale il Giorno della Memoria servirebbe “solo agli ebrei”.
Dallo zoccolo di partenza del 15% nel 2014 si è passati quest’anno al 17%. In regresso, seppur in maniera lieve, anche l’affermazione secondo la quale il Giorno della Memoria “aiuta a non dimenticare ciò che è successo”: se nel 2014 a crederlo era il 94% della popolazione, nel 2017 il dato è sceso al 90%. Sebbene, dunque, resta una larghissima maggioranza degli italiani che si sentono coinvolti, i ricercatori evidenziano come si tratti di un numero che di anno in anno va riducendosi.
Anche la percentuale di coloro che credono che ricordare è un atto dovuto scende dal 45 al 37% e, in maniera speculare, raddoppia (dall’8 al 16%) chi ritiene che si tratti di un atto retorico e chi parla addirittura di un atto inutile (dal 5 al 9%).
In sensibile crescita, invece, il numero degli italiani che ritiene che ricordare il genocidio degli ebrei e delle altre vittime del nazismo sia un atto formativo: «Ma – fanno notare i ricercatori – relegare al mondo della scuola il compito di educare le coscienze, può costituire l’inizio di un processo di dissociazione in alcuni cittadini che non sono più disposti a farsene carico in prima persona».
Il Giorno della Memoria, a detta degli esperti, sta lentamente scivolando verso un’accezione essenzialmente formativa e scolastica: «Correndo il rischio – concludono i ricercatori – di essere vissuto sempre meno come un qualcosa di coinvolgente e significativo. Un evento ancorato al passato e non all’oggi, che va ricordato per la sua valenza formativa, ma che rischia di perdere di vitalità rispetto al presente».