Unità dei cristiani: “Insieme per la pace superando i pregiudizi”
La preghiera officiata nel rito della Comunità di Taizè: "Si tratta - spiega Pierluigi De Aloisio - di una forma molto semplice di preghiera, basata su dei canti intervallati dalla lettura piccoli versetti della Bibbia e dei testi sacri che vengono ripetuti tante volte. Si tratta di un modo pratico che favorisce gli apprendimenti, in modo che una lingua sconosciuta diventi familiare, ma c’è anche un motivo più profondo legato che consente di fare preghiere che scendono nel cuore così che la parte contemplativa non sia separata dalla vita attiva quotidiana"
Con la preghiera presieduta secondo il rito della comunità Di Taizé mercoledì sera, presso la chiesa pescarese dello Spirito Santo, si è conclusa la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani 2017.
Un momento di spiritualità, caratterizzato dall’alternanza di letture bibliche e brevi canti, com’è previsto all’interno della comunità fondata Frère Roger Schutz nel 1940 che oggi è una comunità internazionale di monaci di diverse confessioni cristiane: «All’epoca – racconta Pierluigi De Aloisio, responsabile della gruppo pescarese di Taizè – il monaco svizzero si trasferì in Francia, dove la seconda Guerra mondiale era aspra, insieme a un gruppo di confratelli sentendosi chiamato a vivere quella che lui definiva la “parabola comunione”. Un piccolo esempio secondo il quale la comunione dei cristiani era vivibile giorno per giorno».
All’epoca la comunità monastica si sentì chiamata a vivere concretamente il Vangelo dell’accoglienza, aprendo le proprie porte dapprima ai profughi ebrei: «Poi – aggiunge De Aloisio – è iniziato successivo percorso d’accoglienza, che perdura ancora oggi, di giovani e adulti provenienti da ogni parte del mondo a cui viene fatto trascorrere un periodo di tempo alla scoperta delle sorgenti della fede, facendo loro conoscere la preghiera e il Vangelo».
In particolare, la preghiera viene vissuta tre volte al giorno, al mattino, a mezzogiorno e alla sera, per unire le persone tutte le confessioni che frequentano la comunità, oltre alle persone che vengono da ogni parte del mondo: «Per questo – precisa il responsabile pescarese della Comunità di Taizè – si è pensato a una forma molto semplice di preghiera, basata su dei canti intervallati dalla lettura piccoli versetti della Bibbia e dei testi sacri che vengono ripetuti tante volte. Si tratta di un modo pratico che favorisce gli apprendimenti, in modo che una lingua sconosciuta diventi familiare, ma c’è anche un motivo più profondo legato che consente di fare preghiere che scendono nel cuore così che la parte contemplativa non sia separata dalla vita attiva quotidiana». Al termine della preghiera è stato letto l’appello della Comunità di Taizè ai responsabili delle Chiese per il 2017:
«Nel 2017, il 500° anniversario della Riforma Protestante offre un’occasione per avanzare verso l’unità, per superare la semplice cordialità reciproca. Fra le Chiese, come all’interno di ogni Chiesa, ci saranno sempre delle differenze; saranno come un invito a dialogare con franchezza e possono essere un arricchimento. Ma in tutte le Chiese, l’identità confessionale, a poco a poco, è stata messa in primo piano: ci si definisce protestanti, cattolici, ortodossi. Non è forse venuto il tempo di dare la priorità all’identità cristiana manifestata con il battesimo? Da ciò deriva una domanda: le Chiese non dovrebbero avere il coraggio di mettersi sotto uno stesso tetto senza aspettare che venga trovato un accordo su tutte le questioni teologiche? O almeno sotto una stessa tenda: uscire da una concezione statica dell’unità e trovare dei mezzi, degli avvenimenti, anche temporanei, che già anticipano la gioia dell’unità e mostrano segni visibili della Chiesa di Dio, del Corpo di Cristo, della Comunione dello Spirito Santo. La comunione fra tutti coloro che amano Cristo può realizzarsi solo se si rispetta la loro diversità; ma questa comunione può essere credibile solo se è visibile. Abbiamo bisogno di un nuovo punto di partenza per andare verso una tale diversità riconciliata. Il punto di partenza è Cristo che non è diviso. “È solo attraverso Gesù Cristo che siamo fratelli gli uni per gli altri… Attraverso Cristo la nostra reciproca appartenenza è reale, totale e per sempre” (Dietrich Bonhoeffer). Così potrà realizzarsi uno scambio di doni: condividere con gli altri ciò che consideriamo come un dono di Dio, ma anche accogliere i tesori che Dio ha deposto negli altri. “Non si tratta solo di ricevere delle informazioni sugli altri per conoscerli meglio, ma di raccogliere ciò che lo Spirito ha seminato in loro come dono che è anche per noi” (Papa Francesco)».
Infine, il direttore dell’Ufficio diocesano di Pastorale ecumenica ha chiuso ufficialmente la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani: «Cosa sono le differenze? – riflette don Achille Villanucci – Innanzitutto siamo tutti cristiani, tutti crediamo nell’amore di Dio, ma il dialogo ecumenico non riguarda solo una settimana l’anno, dovendo aspirare all’unità dal primo gennaio al 31 dicembre. Ciò che ci unisce è molto più di ciò che ci divide. Vogliamo stare insieme, ognuno con la proprie tradizioni confessionali, per promuovere la pace e far cadere i pregiudizi conoscendoci e apprezzandoci di più fra noi».