Comunità di Bose: Enzo Bianchi si dimette, al suo posto Luciano Manicardi
"I visitatori fraterni - scrive Enzo Bianchi - mi hanno chiesto di restare ancora, anche per portare a compimento lo Statuto della comunità, e così ho continuato a presiedere, ma avvertendo più volte i miei fratelli e le mie sorelle che erano gli ultimi mesi del mio servizio e assentandomi sovente, affinché potessero imparare a continuare a vivere senza la mia guida"

«Si dice che i cervi … quando camminano nella loro mandria … appoggiano ciascuno il capo su quello di un altro. Solo uno, quello che precede, tiene alto senza sostegno il suo capo e non lo posa su quello di un altro. Ma quando chi porta il peso (qui pondus capitis in primatu portabat) è affaticato, lascia il primo posto e un altro gli succede».
Con il commento di Sant’Agostino al salmo 41 (42), Fratel Enzo Bianchi ha aperto la sua lettera di dimissioni da priore della Comunità monastica di Bose. Una scelta, la sua, maturata da tempo: «Con queste parole – spiega Bianchi – iniziavo la lettera di dimissioni previste nel 2014, alla fine della visita fraterna iniziata a gennaio e terminata a maggio e dopo la revisione economica affidata a una competenza esterna alla comunità. I visitatori fraterni mi hanno chiesto di restare ancora, anche per portare a compimento lo Statuto della comunità, e così ho continuato a presiedere, ma avvertendo più volte i miei fratelli e le mie sorelle che erano gli ultimi mesi del mio servizio e assentandomi sovente, affinché potessero imparare a continuare a vivere senza la mia guida».
A detta di Fratel Enzo Bianchi, nella storia di ogni nuova comunità monastica il passaggio di guida dal fondatore alla generazione seguente è un segno positivo di crescita e di maturità. Quindi Fratel Enzo si è affidato alle parole di San Paolo estratte dalla prima lettera ai Corinzi “Io ho piantato, Apollo ha irrigato, ma era Dio che faceva crescere”: «La vita continua – sottolinea il monaco di Bose -, la fondazione è stata feconda e di questo ringraziamo il Signore, attendendo il suo giudizio alla fine della storia».
Le sue dimissioni sono state annunciate nel capitolo dopo i vespri del 26 dicembre scorso, vigilia della festa di Giovanni apostolo, divenendo effettive mercoledì, giorno della Rivelazione di Gesù Cristo a Paolo apostolo. Così ieri mattina, dopo la preghiera di epiclesi dello Spirito santo, hanno avuto luogo le votazioni per il nuovo priore secondo le norme dello Statuto, alla presenza del garante esterno Padre Michel Van Parys, già abate di Chevetogne.
È stato così eletto Fratel Luciano Manicardi nuovo priore del Monastero di Bose. Ne ha dato notizia ieri sera lo stesso Fratel Enzo Bianchi: «La comunità, in grande pace, – afferma – ringrazia il Signore per la sua fedeltà e chiede a tutti voi di partecipare alla nostra gioia e alla nostra preghiera».
La notizia è stata subito appresa in Vaticano e dalla Chiesa italiana: «Un gesto – commenta monsignor Marcello Semeraro, vescovo di Albano e segretario del Consiglio di cardinali (C9), intervistato dal Sir – di grande rispetto e profondo amore verso la comunità monastica. Apprendo con commozione ed emozione la notizia della scelta di fratel Enzo, al quale sono legato da amicizia. È un gesto che esprime un grandissimo senso di paternità. Nel codice generativo, infatti, il lasciar andare dà compimento alla paternità spirituale».
A questo punto, l’alto prelato ha citato Massimo Recalcati, il quale ricorda che due sono le parole più importanti sotto il profilo genitoriale: “eccomi e vai”: «Queste – spiega – sono parole iscritte nel nostro dna. La madre deve accettare che il figlio si stacchi dal suo grembo».
Nella scelta di Bianchi, secondo il vescovo, si può intravvedere anche un insegnamento spirituale di una norma canonica. Quella di Paolo VI che fissa al compimento del 75° anno di età la rinuncia agli incarichi pastorali. Enzo Bianchi compirà 75 anni il prossimo anno: «Egli certamente non è un vescovo – conclude monsignor Semeraro -, ma è un padre. La sua decisione la vedo come l’altra faccia della medaglia (spirituale e carismatica) della norma canonica voluta da Paolo VI».