Povertà: 7,2 milioni di italiani non possono permettersi un pasto adeguato
Nel 2015 il 28,7% delle persone residenti in Italia è a rischio di povertà o esclusione sociale: "Ovvero - spiega l’Istat -, secondo la definizione adottata nell’ambito della Strategia Europa 2020, si trovi almeno in una delle seguenti condizioni: rischio di povertà, grave deprivazione materiale, bassa intensità di lavoro"

Sono 7,2 milioni gli italiani che dichiarano di non potersi permettere un pasto adeguato (cioè con proteine della carne, del pesce o equivalente vegetariano) almeno ogni due giorni, anche se lo volessero.
È quanto emerge da una analisi di Coldiretti sulla base dei dati Istat relativi al “Reddito e condizioni di vita” nel 2015, dalla quale si evidenzia che questa punta dell’iceberg della povertà riguarda ben l’11,8% della popolazione: «La situazione peggiore dal punto di vista alimentare si registra – sottolinea Coldiretti – nel Mezzogiorno d’Italia dove la percentuale sale al 17,4% (mentre al Centro è il 10,4% e al Nord l’8,3%), tra le famiglie monoreddito con il 17,3% e tra le persone sole con più di 65 anni con il 19,8%. Si registra, tuttavia, una tendenza al miglioramento rispetto all’anno precedente in cui la percentuale era del 12,6%. Una situazione che si scontra con il fatto che ogni italiano, durante l’anno, ha comunque buttato nel bidone della spazzatura ben 76 chili di prodotti alimentari, più che sufficienti a garantire cibo adeguato per tutti i cittadini».
Un problema che riguarda in Italia l’interna filiera: «Dove gli sprechi alimentari – conclude la Coldiretti -, ammontano in valore a 12,5 miliardi che sono persi per il 54% al consumo, per il 21% nella ristorazione, per il 15% nella distribuzione commerciale, per l’8% nell’agricoltura e per il 2% nella trasformazione».
Intanto, nel 2015 lo stesso rapporto Istat stima che il 28,7% delle persone residenti in Italia sia a rischio di povertà o esclusione sociale: «Ovvero – spiega l’istituto di statistica -, secondo la definizione adottata nell’ambito della Strategia Europa 2020, si trovi almeno in una delle seguenti condizioni: rischio di povertà, grave deprivazione materiale, bassa intensità di lavoro».
La quota è sostanzialmente stabile rispetto al 2014 (era al 28,3%), a sintesi di un aumento degli individui a rischio di povertà (dal 19,4% a 19,9%) e del calo di quelli che vivono in famiglie a bassa intensità lavorativa (da 12,1% a 11,7%); resta invece invariata la stima di chi vive in famiglie gravemente deprivate (11,5%). Il Mezzogiorno è ancora l’area più esposta: nel 2015 la stima delle persone coinvolte sale al 46,4%, dal 45,6% dell’anno precedente. La quota è in aumento anche al Centro (da 22,1% a 24%) ma riguarda meno di un quarto delle persone, mentre al Nord si registra un calo dal 17,9% al 17,4%.
Le persone che vivono in famiglie con cinque o più componenti sono quelle più a rischio di povertà o esclusione sociale, passando a 43,7% del 2015 da 40,2% del 2014, ma la quota sale al 48,3% (da 39,4%) se si tratta di coppie con tre o più figli e raggiunge il 51,2% (da 42,8%) nelle famiglie con tre o più minori: «Includendo gli affitti figurativi – aggiunge l’Istat -, si stima che il 20% più ricco delle famiglie percepisca il 37,3% del reddito equivalente totale, il 20% più povero solo il 7,7%».
Dal 2009 al 2014, inoltre, il reddito in termini reali cala più per le famiglie appartenenti al 20% più povero, ampliando la distanza dalle famiglie più ricche il cui reddito passa da 4,6 a 4,9 volte quello delle più povere. Si stima, poi, che quasi la metà dei residenti nel Sud e nelle Isole (46,4%) sia a rischio di povertà o esclusione sociale, contro il 24% del Centro e il 17,4% del Nord.
I livelli sono superiori alla media nazionale in tutte le regioni del Mezzogiorno, con valori più elevati in Sicilia (55,4%), Puglia (47,8%) e Campania (46,1%). Viceversa, i valori più contenuti si riscontrano nella provincia autonoma di Bolzano (13,7%), in Friuli-Venezia Giulia (14,5%) ed Emilia-Romagna (15,4%). Peggioramenti significativi si rilevano in Puglia (+7,5 punti percentuali), Umbria (+6,6 punti percentuali), nella provincia autonoma di Bolzano (+4 punti percentuali), nelle Marche (+3,4 punti percentuali) e nel Lazio (+2,3 punti percentuali), mentre l’indicatore migliora per Campania e Molise.
Quattro individui su dieci sono a rischio di povertà in Sicilia, tre su dieci in Campania, Calabria, Puglia e Basilicata. Livelli di grave deprivazione materiale più che doppi rispetto alla media italiana si registrano in Sicilia e Puglia dove più di un quarto degli individui si trova in tale condizione. La Sicilia (28,3%) è anche la regione con la massima diffusione di bassa intensità lavorativa, seguita da Campania (19,4%) e Sardegna (19,1%).