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“Sui migranti l’Europa è ancora assente, mentre la gente muore”

"In Europa - constata Paolo Gentiloni, ministro degli Affari esteri - non riusciamo ad accogliere i migranti, perché manca completamente una disponibilità a politiche condivise. Se si consente l’idea che ogni Paese può alzare il suo muro, se si accetta questa logica, per la prima volta l’edificio europeo può essere davvero a rischio di crisi seria. Noi ci battiamo contro questa miopia"

Lo ha affermato oggi monsignor Nunzio Galantino, segretario generale della Cei, a margine di un convegno della Cisl sull’inclusione dei migranti

«Sui migranti l’Europa continua ad essere assente e a fare solo gli interessi di alcuni, mentre dovrebbe dire parole forti e chiare». Lo ha affermato oggi monsignor Nunzio Galantino, segretario generale della Cei, commentando all’agenzia di stampa Sir la posizione dell’Europa sul tema migrazioni all’indomani del referendum in Ungheria, fallito per non aver raggiunto il quorum, a margine di un convegno sui migranti organizzato a Roma dalla Cisl dal tema “Migranti: dai muri all’accoglienza e all’inclusione nell’Europa dei diritti”: «Mentre l’Europa dibatte, continua a discutere e a fare convegni – ammonisce Galantino -, c’è gente che ancora muore e che non viene trattata come persona. C’è gente che di fronte al fallimento di questo referendum, continua ancora e con arroganza a fare affermazioni che hanno poco di umano, di civile. Da questo punto di vista, sicuramente, l’Europa continua ad essere assente».

Con tono deciso, dunque, la Chiesa italiana chiede nuovamente all’Europa di fare l’Europa: «E non solo – accusa il segretario generale della Cei – gli interessi di alcuni o di tacere invece quando c’è da dire parole forti e chiare. Organismi che dovrebbero essere guida e luce per l’Europa, continuano a insistere solo su quello che conviene. La questione, invece, è stare attenti ad accogliere, accompagnare e integrare. C’è bisogno di una politica diversa».

Un discorso, questo, che in parte vale anche per il nostro Paese: «L’Italia – riconosce monsignor Nunzio Galantino – sta facendo tanto e bene, ma anch’essa ha bisogno di sviluppare maggiormente progetti in direzione dell’integrazione. Con una avvertenza. Integrazione non vuol dire appiattimento, ma rispetto delle leggi, dell’identità, delle dignità di chi accoglie e di chi viene accolto. A tre anni di distanza dalla tragedia di Lampedusa, purtroppo, c’è il grande rischio di cadere nella retorica, perdere di vista le storie e fare i conti solo con i numeri».

Mons. Nunzio Galantino, segretario generale della Conferenza episcopale italiana

Mons. Nunzio Galantino, segretario generale della Conferenza episcopale italiana

A tal proposito, le morti commemorate ieri a Lampedusa, a detta del presule, sono uno schiaffo alla democrazia europea: «Incapace – denuncia – di salvaguardare e proteggere persone in fuga da situazioni drammatiche, create anche dalla politica estera e da scelte economiche europee. Non saranno i muri o le politiche di chiusura a fermare l’onda costante degli arrivi. Noi dobbiamo impedire che il Mediterraneo continui ad essere un “cimitero dei migranti”, così come lo ha definito Papa Francesco. Dobbiamo imparare a vedere Dio nei migranti che tutti vogliono cacciare. Una volta salvati in mare e accolti nei nostri Paesi, dobbiamo garantire poi l’integrazione di queste persone».

Sul fronte migrazioni, così, a detta del segretario generale dei vescovi italiani sono tre le strade imprescindibili da percorrere: «Innanzitutto – individua monsignor Nunzio Galantino -, lavorare per risolvere le ragioni economiche e politiche che determinano le partenze, quindi creare situazioni positive nei luoghi di provenienza attraverso la cooperazione internazionale».

Il vescovo ha confidato di guardare, in questo momento, con buone aspettative al “Migration Compact”, di cui tanto si è parlato proprio in questi ultimi giorni: «Mi permetto di evidenziare, in quest’ottica, – aggiunge – le belle esperienze di cooperazione internazionale della Chiesa, forte di 40 anni di progetti e microrealizzazioni di Caritas Italiana e della Focsiv, con 12 mila operatori, volontari e missionari nei Paesi più poveri del mondo».

La seconda strada, secondo Galantino, è trovare il modo di convivere con chi è già arrivato o sta arrivando, mentre la terza: «È – illustra il segretario generale della Conferenza episcopale italiana – avere il coraggio di creare un sistema mondiale ed europeo di corridoi umanitari, già possibile sul piano giuridico, verso i Paesi disponibili all’accoglienza, evitando solo così la crescita di una tratta di esseri umani oggi gestita da mafie e terrorismo».

Tutto questo, ribadendo che: «I muri che, in parte dell’Europa, si stanno continuando ad alzare non fermeranno chi è intenzionato a fuggire. Si cercheranno altre strade, rafforzando in questo modo i trafficanti di uomini».

Intanto, il presule ha ricordato come nel 2015 178 mila cittadini stranieri abbiano acquisito la cittadinanza italiana e oltre 800 mila studenti, nelle nostre scuole, abbiano permesso di salvare, soprattutto nei piccoli centri, 3 mila classi e 35 mila posti di lavoro degli insegnanti.

Da qui un importante appello: «Neppure parliamo solo di lavoratori – avverte Galantino -, quasi piegando l’immigrazione solo a un funzionalismo economico. Dovremmo piuttosto tutti imparare a parlare di “mobilità umana” e non di immigrazione, riferendoci a queste persone, a questi nostri fratelli, come una dimensione della rigenerazione del nostro Paese. L’emigrazione è solo un aspetto della loro vita che è piena di progetti personali e familiari, attese per il loro futuro e per quello dei loro figli. Dietro i migranti ci sono storie e insegnamenti di cui tutti dovremmo beneficiare, per la nostra crescita umana e anche spirituale».

Detto ciò, comunque, il vero obiettivo dev’essere un altro per l’alto prelato: «La vera frontiera – ribadisce – è la completa integrazione. Per questo, in Italia emerge la necessità di una legge specifica proprio sull’integrazione. Magari puntando sulla valorizzazione delle competenze degli immigrati. Molti di loro, quando arrivano nel nostro Paese, sono laureati, tecnici, professionisti in molti settori».

Guardando poi al futuro la Cisl, sulla base dei dati forniti dalla Fondazione Moressa, stima che tra 15 anni raddoppieranno gli immigrati occupati in Italia: dagli oltre 2 milioni del 2015 a 4 milioni stimati nel 2039, invertendo la dinamica declinante dei flussi di migrazione per lavoro, che dal 2010 è calata dell’84%. Il contributo al Pil crescerà dal 9 al 15%. Ancora, secondo i dati della Cisl, gli immigrati nel 2030 saranno il 14,6% della popolazione (oggi sono l’8,2%). Oggi hanno un regolare contratto di lavoro 2.294.000 immigrati, di cui 1.238.000 uomini e 1.056.000 donne, il 70% sono operai (di cui il 40% guadagna meno di 800 euro mensili).

Pertanto, la Cisl chiede che l’Europa avvii con i Paesi di provenienza dei profughi africani politiche di cooperazione, di scambi culturali, di formazione delle competenze professionali e dei gruppi dirigenti, di migrazioni circolari e reciproche: «L’Italia – sottolinea Giuseppe Gallo, responsabile dell’Ufficio studi della Cisl – ha bisogno di una svolta complessiva nella strategia europea, per affrontare con efficacia e con successo la sfida umanitaria dei rifugiati, ma anche il ritorno del nostro Paese ad una crescita stabile di lungo periodo. Occorre una governance globale, in grado di intervenire e pacificare le 27 aree di conflitti e di guerre operanti nel mondo».

Paolo Gentiloni, ministro degli Affari esteri

Paolo Gentiloni, ministro degli Affari esteri

Una governance che manca, anche a detta del Governo italiano: «In Europa – constata Paolo Gentiloni, ministro degli Affari esteri – non riusciamo ad accogliere i migranti, perché manca completamente una disponibilità a politiche condivise. Se si consente l’idea che ogni Paese può alzare il suo muro, se si accetta questa logica, per la prima volta l’edificio europeo può essere davvero a rischio di crisi seria. Noi ci battiamo contro questa miopia. È nostro dovere farlo sul piano politico, culturale e della condivisione di valori umani, che dovrebbero essere fuori discussione».

Questo perché, a detta del ministro, le migrazioni sono un fenomeno permanente, di cui affrontare le cause: «Per questo – precisa Gentiloni – il Migration compact e il raddoppio dei fondi destinati alla cooperazione, che continueremo ad aumentare nel prossimo triennio. Noi sappiamo che questo fenomeno migratorio è in atto da anni e durerà decenni. Le soluzioni miracolose sono sempre contro i diritti umani e inaccettabili per un Paese civile».

A tal proposito, il ministro degli Affari esteri ha annunciato l’intenzione di fare accordi con l’Etiopia per rimpatriare chi non ha diritto all’asilo: «Anche se non è facile – avverte – perché già ospita 800 mila migranti. Altro elemento importante è insistere sull’apporto dei migranti come fatto positivo, ad esempio nel contributo al Pil e alle pensioni. E visto che la maggior parte di coloro che arrivano in Italia sono migranti economici, e che con le frontiere chiuse saremo sempre più Paese di destinazione e non di transito, dobbiamo sforzarci di farli arrivare con canali più organizzati. I corridoi umanitari di cui si è parlato negli Usa sono molto allettanti e promettenti, a condizione non ci sia troppa selezione».

Chi sceglie chi deve entrare? Prendiamo solo ingegneri? O ci occupiamo dei più fragili più in difficoltà?, si è chiesto l’esponente del Governo Renzi: «Dobbiamo rendere gradualmente la situazione meno emergenziale – conclude -, anche organizzando dei rimpatri, dove è possibile farlo, in modo sicuro».

About Davide De Amicis (4516 Articles)
Nato a Pescara il 9 novembre 1985, laureato in Scienze della Comunicazione all'Università degli Studi di Teramo, è giornalista professionista. Dal 2010 è redattore del portale La Porzione.it e dal 2020 è direttore responsabile di Radio Speranza, la radio della Chiesa di Pescara-Penne. Dal 2007 al 2020 ha collaborato con la redazione pescarese del quotidiano Il Messaggero. In passato è stato direttore responsabile della testata giornalistica online Jlive radio, ha collaborato con Radio Speranza, scritto sulla pagina pescarese del quotidiano "Avvenire" e sul quotidiano locale Abruzzo Oggi.
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