Migranti: “Il 60% ha disagio mentale da traumi subiti prima o dopo la fuga”
"I richiedenti asilo – spiega Silvia Mancini, esperta di salute pubblica per Msf e curatrice dell’analisi - si ritrovano a stare per periodi molto lunghi in strutture che sono spesso in zone particolarmente isolate, dove rimangono a lungo, a causa dei tempi legati all’attesa dell’esito della procedura di asilo. Questa condizione genera profondo stress e sofferenza, che si somma all’esilio in una terra sconosciuta e alla mancanza di prospettive"

Il 60% dei pazienti migranti visitati in Italia da Medici senza frontiere, tra il 2014 e il 2015, presentava sintomi di disagio mentale connesso a eventi traumatici subiti prima o durante il percorso di fuga. L’87% dei pazienti ha dichiarato di soffrire delle difficoltà di vita nei centri: «Il disagio mentale – avverte Medici senza frontiere nel rapporto “Traumi ignorati” pubblicato la scorsa settimana -, associato all’esperienza migratoria e/o alle condizioni di accoglienza in Italia, è un fenomeno sempre più preoccupante e gravemente sottovalutato».
Il rapporto è il risultato di una ricerca condotta in Italia tra luglio 2015 e febbraio 2016 in vari Centri di accoglienza straordinaria (Cas) di Roma, Trapani, Milano e Ragusa. Da anni l’organizzazione medico-umanitaria fornisce supporto medico e psicologico nelle strutture di prima e seconda accoglienza.
Oggi la stessa organizzazione chiede alle autorità italiane ed europee di adottare un modello di accoglienza che prenda in carico i bisogni specifici legati alla salute mentale per questa popolazione particolarmente vulnerabile: «I richiedenti asilo – spiega Silvia Mancini, esperta di salute pubblica per Msf e curatrice dell’analisi – si ritrovano a stare per periodi molto lunghi in strutture che sono spesso in zone particolarmente isolate, dove rimangono a lungo, a causa dei tempi legati all’attesa dell’esito della procedura di asilo. Questa condizione genera profondo stress e sofferenza, che si somma all’esilio in una terra sconosciuta e alla mancanza di prospettive».
I Cas, istituiti nel 2014 come misura temporanea e straordinaria per far fronte agli arrivi crescenti, sono diventati parte integrante del sistema ordinario di accoglienza: «Cristallizzando, in questo modo, – denuncia Medici senza frontiere – un approccio emergenziale, poco orientato a favorire progetti di lungo termine e di inclusione nei territori».
L’organizzazione raccomanda un miglioramento della risposta alle esigenze di salute mentale attraverso: un rafforzamento dei servizi interni alle strutture e di quelli esistenti sul territorio; un monitoraggio delle strutture e un controllo della qualità dei servizi; personale formato in psicologia transculturale.