“Noi stiamo dalla parte di chi è costretto a fuggire”
"I rifugiati - ricorda il Pontefice - sono persone come tutti, ma alle quali la guerra ha tolto casa, lavoro, parenti, amici. Le loro storie e i loro volti ci chiamano a rinnovare l’impegno per costruire la pace nella giustizia. Per questo vogliamo stare con loro: incontrarli, accoglierli, ascoltarli, per diventare insieme artigiani di pace secondo la volontà di Dio"

«Noi stiamo dalla parte di chi è costretto a fuggire». Lo ha affermato oggi Papa Francesco, prima di recitare l’Angelus domenicale in piazza San Pietro, citando lo slogan della Giornata mondiale del rifugiato indetta dall’Onu, che ricorrerà domani.
Questa presa di posizione del Papa funge da appello per risvegliare la coscienza del mondo, soprattutto quello di spalle e indifferente, sul fatto che i rifugiati non sono numeri di una massa da scansare, ma carne di Cristo da accogliere e aiutare: «I rifugiati – ricorda il Pontefice – sono persone come tutti, ma alle quali la guerra ha tolto casa, lavoro, parenti, amici. Le loro storie e i loro volti ci chiamano a rinnovare l’impegno per costruire la pace nella giustizia. Per questo vogliamo stare con loro: incontrarli, accoglierli, ascoltarli, per diventare insieme artigiani di pace secondo la volontà di Dio».
Ma prima del messaggio di solidarietà rivolto ai rifugiati, il Santo Padre ha rivolto ai fedeli la stessa domanda posta da Gesù ai discepoli, al centro della liturgia domenicale “Voi chi dite che io sia?”. Il Papa la personalizza, modificandola in “Chi è Gesù per ciascuno di noi?”: «La risposta della fede – aggiunge -, non può che essere quella di Pietro, diretta a un mondo che ha più che mai bisogno di Cristo, della sua salvezza, del suo amore misericordioso. Molte persone avvertono un vuoto attorno a sé e dentro di sé – forse alcune volte anche noi -; altre vivono nell’inquietudine e nell’insicurezza a causa della precarietà e dei conflitti. Tutti abbiamo bisogno di risposte adeguate ai nostri profondi interrogativi, ai nostri interrogativi concreti, esistenziali… Gesù conosce il cuore dell’uomo come nessun’altro. Per questo lo può sanare, donandogli vita e consolazione».
Dopo la domanda ai discepoli, Gesù indica loro e alla Chiesa ogni giorno la responsabilità derivante dal riconoscere in Lui il Figlio di Dio, quella della croce che ciascuno è chiamato a prendere: «Non si tratta di una croce ornamentale – avverte Papa Bergoglio -, o una croce ideologica, ma è la croce della vita, è la croce del proprio dovere, la croce del sacrificarsi per gli altri con amore – per i genitori, per i figli, per la famiglia, per gli amici, anche per i nemici – la croce della disponibilità ad essere solidali con i poveri, a impegnarsi per la giustizia e la pace».
Papa Francesco ha infine ricordato come, ciononostante, assumendo la croce si perda sempre qualcosa: «È un perdere per guadagnare – precisa, in conclusione il Papa -. E ricordiamo tutti i nostri fratelli che ancora oggi mettono in pratica queste parole di Gesù, offrendo il loro tempo, il loro lavoro, la loro fatica e perfino la loro vita, per non rinnegare la loro fede in Cristo».