“Mettiamoci in gioco, imitiamo santi come San Camillo de Lellis”
"San Camillo - ricorda monsignor Valentinetti -, ai suoi tempi, ha visto una marea di persone abbandonate a se stesse, che non venivano curate da nessuno e lui si piegò su queste sofferenze, dolori e afflizioni. È stato capace di comprendere che quella parola di Gesù nel Vangelo di Matteo, “Ogni volta che avete fatto una di queste cose, l’avete fatta a me”, era vera a tal punto che mentre accudiva i malati, San Camillo molte volte ha avuto la grazia di vedere il volto di Gesù nei loro volti"
«Mettiamoci in gioco, interessiamoci, imitiamo – per quello che è nelle nostre possibilità, santi che ci hanno dato esempi straordinari come San Camillo de Lellis».
Lo ha affermato venerdì sera l’arcivescovo di Pescara-Penne monsignor Tommaso Valentinetti, presiedendo la Santa messa nella parrocchia pescarese di San Luigi Gonzaga che, fino a sabato, ha ospitato la reliquia del piede del patrono dell’Abruzzo e dei sanitari: «San Camillo – ricorda il presule -, ai suoi tempi, ha visto una marea di persone abbandonate a sé stesse, che non venivano curate da nessuno e lui si piegò su queste sofferenze, dolori e afflizioni. È stato capace di comprendere che quella parola di Gesù nel Vangelo di Matteo, “Ogni volta che avete fatto una di queste cose, l’avete fatta a me”, era vera a tal punto che mentre accudiva i malati, San Camillo molte volte ha avuto la grazia di vedere il volto di Gesù nei loro volti».
Opere di misericordia esemplari, quelle di San Camillo de Lellis, dalle quali siamo chiamati a trarre spunto per ripeterle con il prossimo: «Quanti malati conosciamo – ammonisce l’arcivescovo Valentinetti -, quanti anziani conosciamo, quante persone che non hanno bisogno di cure materiale, ma di aiuto spirituale, presenza o amicizia, per non parlare di coloro che hanno anche bisogno di un aiuto materiale».
Bisogni, questi ultimi, che richiamano la dimensione sociale e politica in riferimento alle quali anche i cristiani sono chiamati a dire la propria: «Parlando di immigrazione – si interroga monsignor Valentinetti – qual è la reazione riguardo all’accoglienza degli stranieri, di chi viene da lontano? Diffidenza, terrore, passa l’idea che sono tutti cattivi, delinquenti. Ma dietro quest’immaginario, ci sono persone che invece fuggono dalla guerra, dalla fame, che fuggono dalle malattie, dalle situazioni difficili della vita e cercano spasmodicamente una vita dignitosa, che anche noi pretendiamo di avere».
È questa, dunque, la conversione che ci viene richiesta oggi: «Una conversione – sottolinea l’arcivescovo di Pescara-Penne – che non è solo un fatto individuale, intimistico, ma che forse è anche un qualcosa di socialmente rilevante».
Una tesi, quest’ultima, sostenuta citando eventi come il Family day: «Come cristiani – riflette il presule -, abbiamo fatto una manifestazione al Circo Massimo per dire no ad un’idea di famiglia che non corrisponde a quella della nostra vita, della nostra cultura, non dico del nostro essere cristiani, di uomini e donne che antropologicamente pensano ad un determinato modello di famiglia. Ma noi cristiani, saremmo disposti a fare altrettanto pensando a tutti quelli che sono soli, abbandonati e che in molte nazioni lontane da noi vivono il dramma della guerra e della disperazione? Credo che le notizie in televisione le sentite tutti, come le sento io. In Siria, ci sono paesi e città intere che stanno morendo di fame e tutto accade nella decisione, o nella non decisione, di fare qualcosa per questi fratelli».
Una decisione che andrebbe presa universalmente, per compiere la scelta di dire “no” alla guerra e “sì” alla pace: «Voi – s’interroga ancora l’arcivescovo – direte, “Ma che possiamo farci?” Papa Francesco, nel suo messaggio per la Giornata mondiale per la pace, afferma che la parola nemica di pace e fraternità è “disinteresse”. Disinteressiamoci e avremo fatto l’errore peggiore da un punto di vista di fede».
Da qui il grande esempio lasciatoci da San Camillo de Lellis, da riscoprire e riprendere: «Caro San Camillo – prega infine l’arcivescovo Valentinetti – a te, che sei nato in questi borghi del nostro Abruzzo, affidiamo la nostra vita, le nostre preghiere, le nostre inadempienze e i nostri peccati. Intercedi per noi, per questa famiglia parrocchiale, per la nostra diocesi e per le sue opere di carità. Fa che ci sentiamo sempre tanto piccoli, tanto servi e tanto servi inutili, ma certamente attenti a scoprire nel volto di coloro che serviamo il volto di Gesù. Mostracelo, per la tua intercessione, come lo hai visto tu».