“Le sfide del mondo richiedono una risposta comune”
"In un mondo - sottoscrivono Papa Francesco e il Patriarca ortodosso Kirill - che attende da noi non solo parole ma gesti concreti, possa questo incontro essere un segno di speranza per tutti gli uomini di buona volontà! Ortodossi e cattolici devono imparare a dare una concorde testimonianza alla verità, in ambiti in cui questo è possibile e necessario"
«La civiltà umana è entrata in un periodo di cambiamento epocale. La nostra coscienza cristiana e la nostra responsabilità pastorale non ci autorizzano a restare inerti, di fronte alle sfide che richiedono una risposta comune».
Inizia con un appello all’unità la Dichiarazione comune firmata ieri sera da Papa Francesco e dal Patriarca Kirill di Mosca e di tutta la Russia, al termine del loro incontro all’aeroporto de L’Avana.
Cuba, isola che si trova all’incrocio tra Nord e Sud, tra Est e Ovest, è stata il luogo scelto per questo incontro storico: «Incontrandoci lontano dalle antiche contese del “Vecchio Mondo” – scrivono Papa Francesco e il Patriarca Kirill -, sentiamo con particolare forza la necessità di un lavoro comune tra cattolici e ortodossi, chiamati, con dolcezza e rispetto, a rendere conto al mondo della speranza che è in noi. Consapevoli della permanenza di numerosi ostacoli – si legge nella prima parte della Dichiarazione -, ci auguriamo che il nostro incontro possa contribuire al ristabilimento di questa unità voluta da Dio, per la quale Cristo ha pregato. Possa il nostro incontro ispirare i cristiani di tutto il mondo a pregare il Signore con rinnovato fervore, per la piena unità di tutti i suoi discepoli. In un mondo che attende da noi non solo parole ma gesti concreti, possa questo incontro essere un segno di speranza per tutti gli uomini di buona volontà! Ortodossi e cattolici devono imparare a dare una concorde testimonianza alla verità, in ambiti in cui questo è possibile e necessario».
Nella Dichiarazione, c’è poi stato spazio per un invito all’Europa, affinché torni a rispettare le proprie radici: «Chiediamo ai cristiani dell’Europa orientale e occidentale – esortano il Papa e il Patriarca di Mosca – di unirsi per testimoniare insieme Cristo e il Vangelo, in modo che l’Europa conservi la sua anima formata da duemila anni di tradizione cristiana. Pur rimanendo aperti al contributo di altre religioni alla nostra civiltà, siamo convinti che l’Europa debba restare fedele alle sue radici cristiane».
Quindi un messaggio di solidarietà, rivolto ai tanti cristiani perseguitati nel mondo: «Siamo preoccupati – osservano Francesco e Kirill – per la situazione in tanti paesi in cui i cristiani si scontrano sempre più frequentemente con una restrizione della libertà religiosa, del diritto di testimoniare le proprie convinzioni e la possibilità di vivere conformemente ad esse. È per noi fonte di inquietudine l’attuale limitazione dei diritti dei cristiani, se non addirittura la loro discriminazione, quando alcune forze politiche, guidate dall’ideologia di un secolarismo tante volte assai aggressivo, cercano di spingerli ai margini della vita pubblica».
Ma anche altri temi, come la famiglia, il diritto inalienabile alla vita e la comune preoccupazione per lo sviluppo delle tecniche di procreazione medicalmente assistita, sono stati gli altri temi toccati dal Patriarca Kirill e da Papa Francesco nella Dichiarazione comune firmata ieri a Cuba: «La famiglia si fonda sul matrimonio – ricordano Papa Bergoglio e il Patriarca di Russia -, atto libero e fedele di amore di un uomo e di una donna. Ci rammarichiamo che altre forme di convivenza siano ormai poste allo stesso livello di questa unione, mentre il concetto di paternità e di maternità come vocazione particolare dell’uomo e della donna nel matrimonio, santificato dalla tradizione biblica, viene estromesso dalla coscienza pubblica».
Francesco e Kirill chiedono poi a tutti a tutti di rispettare il diritto inalienabile alla vita: «Milioni di bambini – denunciano – sono privati della possibilità stessa di nascere nel mondo. La voce del sangue di bambini non nati grida verso Dio».
Nella Dichiarazione si fa riferimento anche alla eutanasia e rispetto alle tecniche di procreazione medicalmente assistita. In particolare, il Papa e il Patriarca hanno espresso la loro preoccupazione: «Perché la manipolazione della vita umana – continuano il Pontefice e il Patriarca ortodosso – è un attacco ai fondamenti dell’esistenza dell’uomo, creato ad immagine di Dio. Riteniamo che sia nostro dovere ricordare l’immutabilità dei principi morali cristiani, basati sul rispetto della dignità dell’uomo chiamato alla vita, secondo il disegno del Creatore».
Un incontro storico, quello tra Papa Francesco e Kirill, che ora potrebbe davvero avvicinare due Chiese finora lontane: «Speriamo che il nostro incontro – auspicano Francesco e Kirill – possa anche contribuire alla riconciliazione, là dove esistono tensioni tra greco-cattolici e ortodossi».
Nella Dichiarazione comune, il Papa e il Patriarca Kirill hanno toccato anche la delicatissima questione uniate e ucraina: «Oggi è chiaro che il metodo dell’“uniatismo” (rapporto di unione di alcune Chiese orientali con la Chiesa di Roma) del passato – riflettono i due -, inteso come unione di una comunità all’altra, staccandola dalla sua Chiesa, non è un modo che permette di ristabilire l’unità».
Francesco e Kirill pronunciano parole importanti che avranno sicuramente una conseguenza nei rapporti ecumenici. E aggiungono: «Ortodossi e greco-cattolici hanno bisogno di riconciliarsi e di trovare forme di convivenza reciprocamente accettabili».
Con l’occasione, Francesco e Kirill hanno lanciato un appello di pace congiunto per l’Ucraina: «Deploriamo lo scontro in Ucraina che ha già causato molte vittime – stigmatizzano il Papa e il Patriarca di Mosca -, innumerevoli ferite ad abitanti pacifici e gettato la società in una grave crisi economica ed umanitaria. Invitiamo tutte le parti del conflitto alla prudenza, alla solidarietà sociale e all’azione per costruire la pace. Invitiamo le nostre Chiese in Ucraina a lavorare per pervenire all’armonia sociale, ad astenersi dal partecipare allo scontro e a non sostenere un ulteriore sviluppo del conflitto».