“Ebrei e cristiani, fratelli e sorelle nell’unica famiglia di Dio”
"La violenza dell’uomo sull’uomo - osserva Papa Francesco - è in contraddizione con ogni religione degna di questo nome, e in particolare con le tre grandi religioni monoteistiche. La vita è sacra, quale dono di Dio"

«Ebrei e cristiani, fratelli e sorelle nell’unica famiglia di Dio, che li protegge come suo popolo». Lo ha affermato ieri pomeriggio Papa Francesco, in occasione della sua visita al Tempio maggiore della comunità ebraica di Roma presente da 22 secoli. Questa, dunque, è stata la terza storica visita di un Papa nella sinagoga romana dopo la prima, compiuta da Giovanni Paolo II nel 1986, replicata nel 2010 da Benedetto XVI.
Sono stati i rappresentanti dell’ebraismo mondiale, unitamente ai membri della comunità romana, ad accogliere il Pontefice che nel suo messaggio ha fatto riferimento alla dimensione teologica del dialogo, sancita dal Concilio Vaticano II, la quale meriterebbe di essere ancora approfondita: «Ma è anche l’oggi – sottolinea il Santo Padre – ad interpellare le due fedi. Con voi fratelli e sorelle maggiori nella fede, secondo l’espressione di Giovanni Paolo II di 30 anni fa, appartenenti all’unica famiglia di Dio, siamo chiamati ad assumerci le nostre responsabilità per la città di Roma, senza perdere di vista però le grandi sfide del mondo».
Papa Bergoglio ha quindi fatto riferimento ad un’ecologia integrale, il cui significato è racchiuso nella Bibbia, da ritenere ormai prioritaria e poi l’impegno per la pace e la giustizia da rafforzare: «La violenza dell’uomo sull’uomo – osserva il Sommo Pontefice – è in contraddizione con ogni religione degna di questo nome, e in particolare con le tre grandi religioni monoteistiche. La vita è sacra, quale dono di Dio».
A questo punto è nata l’esigenza di pronunciare una preghiera unanime: «Né la violenza né la morte – afferma Papa Francesco – avranno mai l’ultima parola davanti a Dio, che è il Dio dell’amore e della vita. Noi dobbiamo pregarlo con insistenza affinché ci aiuti a praticare in Europa, in Terra Santa, in Medio Oriente, in Africa e in ogni altra parte del mondo la logica della pace, della riconciliazione, del perdono, della vita».
È stato poi inevitabile anche un riferimento alla Shoah, alla presenza degli ultimi sopravvissuti dei campi di sterminio: «È una disumana barbarie – ricorda il Papa – perpetrata in nome di una ideologia che voleva sostituire l’uomo a Dio».
Da qui un ulteriore monito rivolto a tutti: «Il passato – ammonisce il Papa – ci deve servire da lezione per il presente e per il futuro. La Shoah ci insegna che occorre sempre massima vigilanza, per poter intervenire tempestivamente in difesa della dignità umana e della pace».
Ma il Santo Padre, nel chiudere il suo intervento, ha usato nuovamente parole di gratitudine verso la comunità ebraica, per 50 anni di rinnovata fiducia, amicizia e comprensione reciproca: «Sia il Signore – prega infine il Pontefice – a condurre il nostro cammino verso un futuro buono, migliore, Lui che su di noi ha progetti di salvezza. Shalom alechem!».
Un discorso, quello di Papa Francesco, pienamente condiviso dal Rabbino capo di Roma: «Insieme – concorda Riccardo Di Segni – dobbiamo denunciare gli orrori, insieme dobbiamo collaborare nel quotidiano».