“Abbiamo bisogno di sacerdoti e vescovi vicini al popolo di Dio, che dialoghino”
"Tra loro - spiega il Papa - si devono parlare con parresìa: questo è il principio che ha salvato la Chiesa primitiva, il coraggio di Paolo di dire le cose, il coraggio degli apostoli di discutere tra loro"

«Che ci sia una discussione è un bene perché dove non si discute c’è una Chiesa morta. Solo nei cimiteri non si discute». Lo ha affermato ieri pomeriggio Papa Francesco, nel corso della lunga meditazione tenuta nella Basilica di San Giovanni in Laterano agli oltre mille sacerdoti che, provenienti da 90 differenti Paesi dei cinque continenti, hanno partecipato al terzo ritiro mondiale a Roma: «Vedere i vescovi insieme ai sacerdoti – sottolinea il Papa – è la cosa più bella di una Chiesa particolare. Abbiamo bisogno di sacerdoti vicini al popolo di Dio, abbiamo bisogno di vescovi vicini al popolo di Dio e tra loro si devono parlare con parresìa (con libertà e franchezza): questo è il principio che ha salvato la Chiesa primitiva, il coraggio di Paolo di dire le cose, il coraggio degli apostoli di discutere tra loro».
Ma il cammino compiuto dalla Chiesa, nella storia, non è stato esclusivamente frutto della presenza maschile: «Il genio femminile – osserva il Pontefice – nella Chiesa è una grazia. La Chiesa è donna; è “la” Chiesa, non “il” Chiesa, è la sposa di Cristo, è la madre del santo popolo fedele di Dio».
Così il Papa, parlando a braccio ai partecipanti al terzo ritiro mondiale del clero nella basilica di San Giovanni in Laterano: «Il giorno della Pentecoste – ricorda il Santo Padre – le donne erano lì insieme agli apostoli». Rivolgendosi, poi, alle presenze femminili in basilica, Papa Bergoglio le ha definite immagine della Chiesa e della madre Maria.
Comunque, al di là di tutto, la chiamata al sacerdozio ministeriale è prima di tutto una chiamata d’amore: «La vostra risposta – precisa il Sommo Pontefice, rivolgendosi ai presbiteri – è una risposta d’amore. Importante, è cantare al Signore anche quando avete delle tentazioni, quando state litigando con Lui o gli siete stati infedeli. Andate da Lui per dirgli: “Guarda quanto sto soffrendo”. Poi lasciate che le lacrime scendano. Questo sarà un momento di santità. Non dimenticate mai che non siete servi, ma amici».
Alla chiamata d’amore, inoltre, si risponde con amore: «Quando un sacerdote – rileva Papa Francesco – è innamorato di Gesù lo si vede, lo si riconosce, anche quando è stanco come uno straccio: il sensus fidei sa riconoscere quando un sacerdote è innamorato di Gesù, oppure è un funzionario con orari fissi, o una persona attaccata alla legge. Che non ci sia doppiezza nel cuore! Che non ci sia ipocrisia, ma ci sia misericordia, amore, tenerezza! Per favore, siate misericordiosi con la gente!».
Per il sacerdote, quindi, il primo compito è l’evangelizzazione la cui prima motivazione, secondo il Papa, è da ricercare nell’amore di Gesù che abbiamo ricevuto: «Questa esperienza – constata il Santo Padre – di essere salvati, che ci spinge ad amare di più. Sentitevi delle persone salvate! Lasciatevi aprire il cuore e amare da Gesù, non solo contemplate Gesù, lasciate che Egli vi guardi: eccomi Gesù».
È stata questa l’esortazione rivolta da Papa Bergoglio ai partecipanti al terzo ritiro mondiale del clero. Ma davanti al Tabernacolo, ci si può anche addormentare per la stanchezza accumulata: «Se accade – avverte Francesco – è una preghiera bellissima, come il padre che guarda il figlio che dorme. Se vi addormentate davanti al Tabernacolo non vi preoccupate, va bene così. Gesù vi guarda. Il Tabernacolo può essere noioso, non è la tv, ma lì c’è l’amore; è un dialogo d’amore, senza parole».
È poi attraverso le omelie, che i sacerdoti trasmettono la Parola di Dio al popolo: «Nelle omelie – si appella il Sommo Pontefice – abbiate pietà del popolo di Dio. Le persone non sopportano più di otto minuti, poi si disconnettono e vogliono si parli al cuore. Un’idea, un’immagine, un sentimento: ecco che cosa deve avere un’omelia, che non è una conferenza, né una lezione di catechesi, né un sacramentale. La Parola di Dio è un linguaggio positivo, non proibitivo».
Da qui un ulteriore invito, rivolto ai sacerdoti: «Riunitevi tra sacerdoti – propone ancora – per preparare le omelie. Per favore, non spaventate il popolo di Dio, non perdete tempo. Parlate del Regno di Dio, delle beatitudini, dell’amore che trasforma il cuore. L’amore di Dio è più forte di ogni terrorismo assassino».
E a proposito del popolo di Dio, dal Pontefice è giunto anche il monito a non clericalizzare i laici: «Lasciate – raccomanda il Papa – lavorare i laici in pace! Non clericalizzate! Il clericalismo è uno dei peccati e uno degli atteggiamenti peccaminosi che frenano la libertà della Chiesa. È un atteggiamento peccaminoso e complice, come il tango: si balla in due, con complicità. Perché al prete piace clericalizzare e al laico chiede per favore ma clericalizzati! Perché è più comodo. Attenzione a questo peccato comodo del clericalismo».
Quindi le conclusioni di Papa Bergoglio: «Vi chiedo che preghiate per me, perché ho bisogno della misericordia di Dio, perché io voglio amare Gesù. Lo voglio amare ogni giorno di più, ma sono peccatore… Quindi, per favore, pregate per me».