“Per i cristiani sia tempo di preghiera perché il sangue versato riporti l’unità”
"Fare memoria di quanto accaduto - spiega Papa Francesco - è doveroso non solo per il popolo armeno e per la Chiesa universale, ma per l’intera famiglia umana, perché il monito che viene da questa tragedia ci liberi dal ricadere in simili orrori, che offendono Dio e la dignità umana"
«Per noi cristiani questo sia soprattutto un tempo forte di preghiera, affinché il sangue versato, per la forza redentrice del sacrificio di Cristo, operi il prodigio della piena unità tra i suoi discepoli. In particolare, rinsaldi i legami di fraterna amicizia che già uniscono la Chiesa Cattolica e la Chiesa armena apostolica. La testimonianza di tanti fratelli e sorelle che, inermi, hanno sacrificato la vita per la loro fede, accomuna le diverse confessioni: è l’ecumenismo del sangue».
Lo ricordato ieri Papa Francesco, nel suo messaggio consegnato a Karekin II, supremo patriarca e catholicos di tutti gli Armeni, Aram I, catholicos della Grande casa di Cilicia, Nerses Bedros XIX Tarmouni, patriarca di Cilicia degli armeni cattolici e a Serž Sargsyan, presidente della Repubblica di Armenia, al termine della Santa Messa celebrata nella basilica vaticana per il centenario del martirio armeno, compiuto dagli ottomani, e la proclamazione a dottore della Chiesa di san Gregorio di Narek: «Un secolo – sottolinea il Papa – è trascorso da quell’orribile massacro che fu un vero martirio del vostro popolo, nel quale molti innocenti morirono da confessori e martiri per il nome di Cristo. Non vi è famiglia armena ancora oggi, che non abbia perduto in quell’evento qualcuno dei suoi cari: davvero fu quello il “Metz Yeghern”, il Grande Male, come avete chiamato quella tragedia».
Così, in questa ricorrenza, il Santo Padre ha espresso tutta la sua vicinanza alla comunità armena: «Desidero – afferma il Pontefice – unirmi spiritualmente alle preghiere che si levano dai vostri cuori, dalle vostre famiglie, dalle vostre comunità, per le quali san Gregorio di Narek, monaco del X secolo, più di ogni altro ha saputo esprimere la sensibilità del vostro popolo. La fede ha accompagnato e sorretto il vostro popolo anche nel tragico evento di cento anni fa».
Papa Bergoglio ha quindi ricordato gli sforzi compiuti all’epoca dal suo predecessore Benedetto XV, che si prodigò fino all’ultimo per impedire quella strage, riprendendo gli sforzi di mediazione già compiuti dal Papa Leone XIII di fronte ai funesti eventi degli anni 1894-96: «Fare memoria di quanto accaduto – sottolinea il Sommo Pontefice – è doveroso non solo per il popolo armeno e per la Chiesa universale, ma per l’intera famiglia umana, perché il monito che viene da questa tragedia ci liberi dal ricadere in simili orrori, che offendono Dio e la dignità umana».
Anche oggi, infatti, questi conflitti talvolta degenerano in violenze ingiustificabili, fomentate strumentalizzando le diversità etniche e religiose: «Perciò – osserva Papa Francesco – tutti coloro che sono posti a capo delle Nazioni e delle organizzazioni internazionali, sono chiamati ad opporsi a tali crimini con ferma responsabilità, senza cedere ad ambiguità e compromessi».
Il Pontefice ha poi espresso l’auspicio che questa dolorosa ricorrenza diventi per tutti motivo di riflessione umile e sincera e di apertura del cuore al perdono, che è fonte di pace e di rinnovata speranza, e che Dio conceda che si riprenda il cammino di riconciliazione tra il popolo armeno e quello turco e la pace sorga anche nel Nagorno Karabakh: «Si tratta – ribadisce il Papa – di popoli che, in passato, nonostante contrasti e tensioni, hanno vissuto lunghi periodi di pacifica convivenza e persino nel turbine delle violenze hanno visto casi di solidarietà e di aiuto reciproco. Solo con questo spirito, le nuove generazioni possono aprirsi a un futuro migliore e il sacrificio di molti può diventare seme di giustizia e di pace».
Eppure, a detta del Pontefice, sembra che l’umanità non riesca a cessare di versare sangue innocente: «Sembra – riconosce il Santo Padre – che l’entusiasmo sorto alla fine della seconda guerra mondiale stia scomparendo e dissolvendosi. Non solo: pare che la famiglia umana rifiuti di imparare dai propri errori causati dalla legge del terrore; e così ancora oggi c’è chi cerca di eliminare i propri simili, con l’aiuto di alcuni e con il silenzio complice di altri che rimangono spettatori. Non abbiamo ancora imparato che la guerra è una follia, una inutile strage. Perciò, oggi ricordiamo con cuore trafitto dal dolore, ma colmo della speranza nel Signore Risorto, il centenario di quel tragico evento, di quell’immane e folle sterminio, che i vostri antenati hanno crudelmente patito».
Ricordarli è necessario, anzi, doveroso: «Perché laddove non sussiste la memoria – avverte Papa Bergoglio – significa che il male tiene ancora aperta la ferita; nascondere o negare il male è come lasciare che una ferita continui a sanguinare senza medicarla!».
Quindi la conclusione: «Con la ferma certezza – rimarca Papa Francesco – che il male non proviene mai da Dio, infinitamente Buono, e radicati nella fede, professiamo che la crudeltà non può mai essere attribuita all’opera di Dio e, per di più, non deve assolutamente trovare nel suo Santo Nome alcuna giustificazione».