Denatalità in Italia: “Troppo alta l’età in cui si cerca la prima gravidanza”
"All’interno della coppia - spiega Petraglia -, è la donna quella che soffre di più dello spostamento in avanti dell’età della gravidanza: dai 35 anni non sono solo l’ovaio e gli ovociti a essere invecchiati, ma anche l’utero non è più così ospitale. Più che una medicina preventiva, qui ci vuole una cultura preventiva, affinché le donne, e gli uomini, siano correttamente informati del calo naturale della fertilità col passare degli anni"

Che il nostro Paese viva un problema di scarsa natalità non è solo una percezione della popolazione, ma è un dato confermato dall’88,7% dei ginecologi, andrologi e urologi intervistati dal Censis nel Rapporto presentato lo scorso giovedì, dal titolo “Diventare genitori oggi. Il punto di vista degli specialisti”.
Per i medici coinvolti nella rilevazione sulla diffusione e le caratteristiche dei problemi di fertilità in Italia, è senza dubbio che nella popolazione vi sia una più ampia prevalenza di questo tipo di problemi rispetto al passato. Questo dato è confermato dal 91,3% dei medici. Dallo studio è emersa la necessità di programmi nazionali di screening per l’infertilità/sterilità maschile e femminile sia a livello regionale che nazionale.
Più del 60% degli specialisti giudica i propri pazienti poco o nulla informati in merito e questo apre il tema di un approccio non completamente consapevole alle tecniche di procreazione medicalmente assistita. Sulla Legge 40/2004 infine, la quasi totalità degli intervistati ritiene importante una legge che regoli un tema così delicato, lamentando la non omogeneità dei trattamenti su tutto il territorio italiano: «La caduta della fertilità in Italia – spiega Felice Petraglia, direttore della Clinica ostetrica e ginecologica dell’Università di Siena – è dovuta in primo luogo all’avanzare dell’età in cui si cerca la prima gravidanza».
E all’interno della coppia, è la donna quella che soffre di più dello spostamento in avanti dell’età della gravidanza: «Dai 35 anni – precisa il ginecologo – non sono solo l’ovaio e gli ovociti a essere invecchiati, ma anche l’utero non è più così ospitale».
Insomma, non è la stessa cosa cercare un figlio a 25 anni o dieci anni dopo e per la sanità pubblica, la procreazione medicalmente assistita rappresenta un’alternativa costosa: «Più che una medicina preventiva – avverte Petraglia – qui ci vuole una cultura preventiva affinché le donne, e gli uomini, siano correttamente informati del calo naturale della fertilità col passare degli anni».
Dati alla mano, tra l’altro: «L’età avanzata – conclude l’indagine – delle coppie alla ricerca di una gravidanza, non consente di affrontare il problema alle radici».