Solo un cuore povero si spende per le «periferie del mondo»
Tre storie di donne, dalla «periferia del mondo», e le “24 ore per il Signore” volute da Francesco.
Non bisogna dedicare alle donne solo un giorno, il famigerato 8 marzo, perchè bisogna onorarle tutti i giorni. È vero, certo. La festa internazionale della donna è un male perchè è strumentalizzata per fini ideologici – quando si presta ad esserlo, bisognerebbe aggiungere per non far torto all’intelligenza delle donne stesse. Anche questo è vero, certo. La festa delle donne non deve trasformarsi in un “j’accuse” contro gli uomini, perché questa squallida opposizione vetero-femminista non ha mai prodotto qualcosa di buono a memoria d’uomo e di donna. E pure questo è vero. Altrettanto vero, ci sembra, è notare come la maggior parte delle riflessioni pro /contra 8 marzo ruotino tutte intorno ad una prospettiva occidentale-centrica, ancor più europa-centrica: se dico otto-marzo, dico donna occidentale – anzi, europea; e, su questo “paradigma”, vado a giudicare l’opportunità o meno di celebrare la festa internazionale della donna. Questo modo di s-ragionare, è evidente, esclude tutta l’altra parte del mondo e delle donne che vi abitano.
Insomma, è sempre la solita storia: l’unica globalizzazione per ora raggiunta è la «globalizzazione dell’indifferenza», il tema centrale del messaggio di Quaresima di Papa Francesco. L’indifferenza verso Dio e verso il prossimo è un problema di tutti, tanto da essere definita «una reale tentazione per i cristiani»; e, per questo, secondo il Papa, «il popolo di Dio ha bisogno di un rinnovamento per non diventare indifferente e chiudersi in se stesso». La Chiesa è veramente tale se è missionaria, se «segue Gesù Cristo sulla strada che la conduce ad ogni uomo, fino ai confini della terra (cfr At 1,8)». Nei nostri fratelli dobbiamo saper vedere il prossimo per cui Cristo è risorto. Il Cristiano deve e può combattere l’indifferenza con la carità, con la conversione del cuore, soprattutto con la preghiera. A proposito, il Papa, all’interno del tempo di Quaresima, ha pensato all’iniziativa “24 ore per il Signore”: un giorno intero di preghiera, da celebrare in tutta la Chiesa, anche a livello diocesano, nei giorni 13 e 14 marzo. Qui di seguito riportiamo tre storie provenienti dall’altra parte del mondo, dalle «periferie del mondo»; storie che parlano della sofferenza alla quale sono esposte molte donne, ma anche del loro coraggio e della loro forza. Conoscere storie lontane può avvicinare queste donne al nostro cuore, e dare uno spunto di preghiera nei giorni dedicati alle “24 ore per il Signore”.
Prima storia. Nel dicembre 2012, in India, su un autobus a Delhi, una studentessa di medicina è stata brutalmente violentata e uccisa da un gruppo. Grandi folle, in particolare i giovani, scesero in strada per chiedere giustizia per la vittima, costringendo il governo ad emanare in breve tempo leggi più severe contro lo stupro. Nonostante questo, a più di due anni di distanza, ogni giorno, 93 donne vengono violentate in media nel paese, secondo i dati del National Crime Records Bureau. La scorsa settimana, il problema della violenza contro donne indiane, è tornato all’attenzione di tutte le testate indiane ed internazionali, perché il governo indiano ha vietato la circolazione nel paese del documentario “Figlia dell’India” : una testimonianza di un colloquio in carcere con Mukesh Singh, uno dei cinque uomini condannati per lo stupro e l’omicidio della studentessa di medicina nel 2012. Negli estratti dell’intervista pubblicata dalla Bbc, Singh non solo non esprime alcun rimorso per lo stupro e l’omicidio ma afferma che «la ragazza non sarebbe stata uccisa se non avesse reagito all’incidente». Il divieto di circolazione applicato al documentario, ha provocato prevedibili manifestazioni di indignazione e disordini pubblici, per richiamare l’attenzione sulla situazione e le quotidiane violenze inflitte sulle donne in India. I problemi di una donna iniziano dal momento in cui è concepita – ha commentato Ritu Sharma, corrispondente di ucanews a Delhi – : in India, «i ragazzi sono preferiti rispetto alle ragazze; gli uomini hanno il sopravvento, sempre e ovunque. Nel caso di aborti selettivi, il feto di sesso femminile viene eliminato e molte bambine vengono uccise dopo la nascita. Mentre una ragazza cresce deve resistere a molte forme di violenza sessuale, nel suo posto di lavoro e anche dentro la sua casa e a lei viene detto di tacere per non creare una cattiva reputazione per la famiglia». Nel mese di gennaio, il primo ministro Narendra Modi ha lanciato un programma nazionale per salvare ed educare le bambine. Ma, secondo gli osservatori, tutti questi programmi governativi che cercano di aumentare il benessere delle ragazze saranno inutili se le ragazze non potranno godere di un ambiente sicuro per vivere liberamente.
Seconda storia. In Sudafrica – all’interno di uno dei parchi più celebri dell’Africa, il Kruger–, 26 donne hanno ricevuto l’incarico di pattugliare i confini della riserva naturale di Balule, direttamente da Craig Spencer, che di Balule è il guardiano capo. Si chiamano Black Mambas, hanno scelto il nome di uno dei serpenti più velenosi dell’Africa, il mamba nero, ma non usano armi e il loro compito è proteggere la fauna selvatica da predatori persino più pericolosi di quelli naturali: i bracconieri. Di fronte alla drammatica crescita della caccia di frodo, Spencer ha cercato di trovare metodi di contrasto alternativi alle armi. Di qui la scelta di puntare sulla prevenzione, individuando i bracconieri prima che agiscano, grazie alle Black Mambas, donne disarmate ma visibili – come un vigile di quartiere. La scelta sembra aver funzionato: gli episodi di bracconaggio sono diminuiti complessivamente del 90%. L’azione delle Black Mambas, poi, ha avuto anche un effetto indiretto, cambiando in positivo la percezione che la società locale ha della figura femminile. Rafforzando la consapevolezza delle proprie potenzialità, molte donne giovani hanno fatto richiesta di entrare nelle Black Mambas.
Terza storia. Nella capitale della Repubblica Centrafricana, Bangui, il 5 marzo hanno marciato centinaia di donne per chiedere pace nella città e nello stato, attraversato da oltre due anni da scontri tra milizie contrapposte. La manifestazione, scortata dai caschi blu della missione Onu presente nel paese, aveva anche lo scopo di sottolineare, a pochi giorni dall’8 marzo, il possibile contributo delle donne – le donne di tutto il mondo – alla pacificazione nazionale. Dalla manifestazione è arrivato un forte appello alle fazioni contrapposte, perché depongano le armi.
Ricapitoliamo: tre storie di sofferenza e di coraggio, che parlano di donne provenienti dalle «periferie del mondo», per superare la «globalizzazione dell’indifferenza» e per pregare in occasione delle prossime “24 ore per il Signore” indette dal Papa. Il messaggio di Quaresima di Francesco si chiude con queste parole: «vorrei chiedere a tutti di vivere questo tempo di Quaresima come un percorso di formazione del cuore, come ebbe a dire Benedetto XVI (Lett. enc. Deus caritas est, 31). Avere un cuore misericordioso non significa avere un cuore debole. Chi vuole essere misericordioso ha bisogno di un cuore forte, saldo, chiuso al tentatore, ma aperto a Dio. Un cuore che si lasci compenetrare dallo Spirito e portare sulle strade dell’amore che conducono ai fratelli e alle sorelle. In fondo, un cuore povero, che conosce cioè le proprie povertà e si spende per l’altro».