“La Quaresima è soprattutto tempo di richiesta di perdono e conversione”
"Il moto primo della conversione - spiega Valentinetti - viene da questa iniziativa di Dio. Lui ci precede sempre, è sempre un passo più avanti di noi per offrirci il suo amore e la sua presenza: a noi il compito di afferrare questo amore e questa presenza"
«La Quaresima è soprattutto tempo di richiesta di perdono e tempo di conversione, perché tutti dobbiamo avere il coraggio di rivedere le nostre azioni, i nostri pensieri e le nostre parole». Lo ha affermato ieri sera l’arcivescovo di Pescara-Penne monsignor Tommaso Valentinetti, presiedendo la Santa Messa del mercoledì delle ceneri, in apertura del tempo di Quaresima, presso la parrocchia di San Giovanni Bosco a Montesilvano presso la quale sta svolgendo la visita pastorale.
Pronunciando l’omelia, dunque, l’arcivescovo ha approfondito gli aspetti e i significati più importanti del periodo di 40 giorni che precede la Pasqua di Risurrezione: «Innanzi tutto – spiega monsignor Valentinetti – Dio è fedele al suo patto d’amore, non cambia i suoi sentimenti. Anche se una madre dovesse dimenticare suo figlio, dice Dio alla Chiesa e all’intera umanità, “Io non ti dimenticherò”. Del resto, Dio ha mandato il suo Figlio nel mondo proprio perché non si è dimenticato dell’amore promesso e dell’amore realizzato in pienezza, attraverso la presenza di Cristo nella storia dell’umanità».
Dunque, Cristo è venuto nel proprio per raccontare l’amore del Padre nei confronti di ciascuno dei suoi figli, di ogni uomo, come raccontato nella parabola del Figliol prodigo: «La parabola del padre buono – parafrasa il presule -, perché quel padre era in attesa di mostrare ancora una volta il suo amore, verso suo figlio convertito».
Ma tornando al rapporto tra uomo e Dio, in questo caso, c’è da chiedersi cosa potrebbe fare l’uomo per dimostrare la sua conversione: «Ben poco – osserva l’arcivescovo di Pescara-Penne – in quanto anche se mettessimo in pratica tutti i suggerimenti che il Vangelo ci ha dato, il digiuno, la preghiera e l’elemosina, che sarebbe tutto questo in confronto di un amore sconfinato che continua a mettersi sulle tracce dell’uomo?».
Ma è la seconda lettera di San Paolo apostolo ai Corinzi, attraverso il verso “Lasciatevi riconciliare con Dio”, a prefigurare il cammino di conversione dell’uomo: «Il moto primo della conversione – chiarisce il presule – viene da questa iniziativa di Dio. Lui ci precede sempre, è sempre un passo più avanti di noi per offrirci il suo amore e la sua presenza: a noi il compito di afferrare questo amore e questa presenza. Dunque, la conversione non è altro che la risposta a questo primo moto di Dio con l’invocazione “Perdona, Signore, il tuo popolo: non disporre la tua eredità alla derisione delle genti”».
Ecco, dunque, cosa chiede il fedele penitenti che si mette in atteggiamento di conversione in attesa di scoprire l’infinita azione misericordiosa del Signore: «“Il tuo volto – invoca Valentinetti -, Signore, io cerco, non nascondermi il tuo volto”.
E oggi dice ancora il Signore a noi: “Non indurite il vostro cuore, ma ascoltate la voce del Signore”». Insomma, perché questa iniziativa di Dio e perché questa iniziativa di conversione sia possibile, dobbiamo metterci in atteggiamento di ascolto: «Sì – conferma l’arcivescovo Valentinetti – irrobustire il nostro atteggiamento di ascolto. Allora mi viene in mente che, forse, oltre alla penitenza del digiuno, oltre all’elemosina, oltre alla preghiera orante e orale, dobbiamo dare spazio anche all’ascolto e per ascoltare occorre fare silenzio, esteriore ed interiore. Dobbiamo predisporci in questo atteggiamento fondamentale, per avere quello che la scrittura ebraica chiama “lev shomea”: un cuore capace di ascolto, perché esso è nel cuore».
Così, a detta dell’arcivescovo di Pescara-Penne, la Parola si ode con le orecchie, ci colpisce nel cervello, ma poi deve scendere nel cuore: «Non dimenticate – ammonisce il presule – questa parola: “Signore, dammi un cuore capace di ascolto, un lev shomea capace di ascoltare il Signore che parla mediante le Scritture, la liturgia, la vita dei fratelli e delle sorelle, la vita dei nostri familiari e tramite le situazioni più particolari del mondo».
Perché noi, non siamo assolutamente degli automi isolati dal mondo: «Noi – conclude monsignor Valentinetti – siamo nel mondo e con il mondo, dentro questa storia, a convertirci e ad ascoltare, a saper discernere ciò che accade e a saper camminare dentro la logica di una risposta all’amore del Signore. Mettiamoci in atteggiamento di accoglienza e di apertura del cuore».