Dalla mortadella americana al Chianti svedese: impazza il falso made in Italy
"L’illegalità nell’agroalimentare - osserva Luigi Scordamaglia, presidente di Federalimentare - crea un danno economico e occupazionale al nostro comparto e penalizza l’immagine delle 58 mila aziende alimentari che puntano sulla trasparenza e sulla qualità"
«Mentre ci avviamo verso Expo 2015 dedicato all’alimentazione, le nostre autorità di controllo intercettano sempre più materie prime e alimenti già pronti per la vendita del falso made in Italy». Lo afferma il rapporto Agromafie di Coldiretti-Eurispes, presentato ieri a Roma. Lo studio, in particolare, denuncia come i limoni sudamericani vengano commercializzati come limoni della penisola sorrentina, agrumi nordafricani si trasformino in agrumi siciliani e calabresi, come da cagliate del Nord Europa venga prodotta la finta mozzarella di bufala italiana e come il grano del Canada che diventi “puro grano della Murgia” oppure come l’olio proveniente da Tunisia, Marocco, Grecia e Spagna venga miscelato con quello extravergine d’oliva italiano con illeciti profitti a vantaggio di speculatori e contraffattori.
A tal proposito, su richiesta delle autorità italiane, le autorità inglesi hanno sequestrato ed eliminato dalla catena di supermercati inglesi Harrod’s migliaia di bottiglie di un olio denominato “Tuscan Extravirgin Olive oil”, che di italiano e toscano non aveva assolutamente nulla. Inoltre, arrivano nel nostro Paese dalla Cina milioni di tonnellate di pomodori, venduti in barattolo come italiani.
Secondo il rapporto, questi pomodori cinesi vengono coltivati e prodotti nei “laogai”, i campi di concentramento nei quali sono ammassati decine di migliaia di detenuti politici, dissidenti, piccoli criminali, soggetti ostili al regime. Ciononostante, dal punto di vista dei controlli, l’Italia spicca essendo tra i primi Paesi in Europa, e nel mondo, in termini di efficacia nella verifica della filiera agroalimentare: «Oltre 100 mila controlli effettuati nel 2014 – conferma Maurizio Martina, ministro delle Politiche Agricole – sono segnali importanti, un primato anche nella lotta ai fenomeni di distorsione alimentare che abbiamo sul web come avviene, ad esempio, con i protocolli di lavoro siglati con grandi soggetti del web, quali e-Bay e non solo. Questo rende la nostra esperienza qualificata».
Il ministro ha poi aggiunto che è del tutto evidente che i dati che vengono presentati nel rapporto, dicono bisogna tenere assolutamente alta la guardia ragionando anche di qualche nuovo strumento di coordinamento della magistratura. Dunque, sia in Italia che all’estero avvengono contraffazioni alimentari attraverso il fenomeno dell’Italian sounding, ovvero l’utilizzo di denominazioni geografiche, immagini e marchi che evocano l’Italia per promozionare e commercializzare prodotti affatto riconducibili al nostro Paese che di italiano hanno soltanto, e male espresso, il nome: «È così – rivelano il rapporto Coldiretti-Eurispes – che spuntano alimenti come la “Daniele mortadella” prodotta negli Usa, insieme al kit per preparare tranquillamente a casa propria il “Parmigiano”; oppure il “Chianti bianco” svedese o il vino in polvere per ottenere il “Barolo” confezionato in Canada. E questi sono solo alcuni degli “orrori” che si possono acquistare on line».
Le confezioni di questi “Cheese kit” contengono polveri, recipienti, termometri, colini ed altri oggetti, con le istruzioni per la preparazione: «Agli acquirenti – precisa la studio – viene garantito di ottenere i diversi formaggi tipici “italiani” in tempi brevi che variano dai 30 minuti ai due mesi. Diffusi in Nuova Zelanda, Australia e Canada, questi kit presentano etichette che richiamano il tricolore ed utilizzano la denominazione “Italian Cheese”». I nuclei antifrodi dei Carabinieri, infatti, hanno individuato 70 diverse tipologie di prodotti alimentari contraffatti in vendita sulla rete.
E come se non bastasse, più offensivi per il buon nome dell’Italia sono il caffè “Mafiozzo”, stile italiano prodotto in Bulgaria, o il sugo piccante rosso sangue “Wicked Cosa Nostra” prodotto negli Stati Uniti: «L’illegalità nell’agroalimentare – osserva Luigi Scordamaglia, presidente di Federalimentare (Confindustria) – crea un danno economico e occupazionale al nostro comparto e penalizza l’immagine delle 58 mila aziende alimentari che puntano sulla trasparenza e sulla qualità».
Ma oltre ai meccanismi di autocontrollo dell’industria e degli operatori, ci sono quelli delle diverse autorità preposte che assicurano ogni anno oltre 720.000 visite ispettive nelle aziende: «Questo sistema – sottolinea Scordamaglia – è la migliore garanzia di sicurezza per il consumatore e il fatto che si riesca a far emergere i casi di frode, le sofisticazioni e le contraffazioni è proprio una testimonianza tangibile di questa efficienza».
Dal punto di vista normativo, infine, l’imprenditore ha chiesto che non ci siano fughe normative in avanti rispetto all’Europa, definendole controproducenti chiedendo, invece, a Governo e Parlamento di potersi muovere in un contesto regolamentare chiaro, essenziale e uguale per tutti. Una norma su tutte, l’inserimento dell’indicazione dello stabilimento di produzione sui prodotti: «Inserirlo solo su base nazionale – conclude il presidente di Federalimentare – vuol dire esonerare chi produce all’estero con sede legale in Italia, sicuro che è questo quello che vogliamo?».
Questi sono i frutti dell’adesione dell’Italia a organismi internazionali come il WTO (World Trade Organization) e l’Unione Europea: prodotti agroalimentari contraffatti e scadenti spacciati per italiani… Ci sarà da ridere se aderiremo anche al TTIP (Transatlantic Trade and Investment Partnership): saremo invasi da OGM e polli lavati col cloro…