“La Chiesa è l’attesa del Regno di Dio, l’annuncio della fine dei tempi”
"L’Avvento non sottolinea in modo speciale la prima venuta di Gesù sulla Terra, ma l’Avvento del Regno di Dio: un regno universale definitivo di pace, giustizia, amore, verità e bontà verso il quale noi già camminiamo"
«La Chiesa non è un’agenzia di filantropia, presso la quale tutti quelli che hanno bisogno di qualcosa gli si rivolgono per ottenerlo, né tantomeno un’agenzia di regole morali, ma è l’attesa del Regno di Dio, la Chiesa è l’annuncio del Regno di Dio e l’annuncio della fine dei tempi». Lo ha affermato lunedì sera l’arcivescovo di Pescara-Penne monsignor Tommaso Valentinetti che, intervenendo presso la chiesa pescarese dello Spirito Santo, ha condotto la Lectio divina in apertura del tempo di Avvento traendo le sue riflessioni dal brano biblico al capitolo 13 del Vangelo di Marco, al centro della scorsa domenica: «È questa – sottolinea il presule – una profezia significativa che viene collocata all’inizio del tempo di Avvento perché, comprendetelo bene una volta per sempre, l’Avvento non sottolinea in modo speciale la prima venuta di Gesù sulla Terra: quella verrà sottolineata negli ultimi giorni di questo periodo. Ma quello che intende sottolineare, cadendo tra l’inizio del nuovo anno liturgico e la fine di quello precedente, è proprio l’Avvento del Regno di Dio: regno universale di pace, giustizia, amore, verità e bontà. Un regno definitivo verso il quale noi già camminiamo».
Una profezia, questa, che dovrebbe farci guardare alle cose ultime della nostra vita, non alle penultime magari condizionate da incontri ingannatori: «“Se qualcuno vi dirà ecco il Cristo – cita l’arcivescovo rileggendo il Vangelo -, voi non credeteci perché sorgeranno falsi Cristi e falsi profeti, i quali faranno segni e prodigi per ingannare, se possibile, gli eletti. Voi, però, fate attenzione: io vi ho predetto tutto”. La verità della fede, dunque, non sta nell’andare dietro, direbbe San Paolo, a favole artificiosamente inventate. La fede sta nel rimanere sempre fedeli e sempre abbarbicati ad una realtà, che è la Parola di Dio nella quale c’è tutto quello che in realtà il Signore di Dio ha voluto rivelare e farci conoscere».
Un altro versetto-chiave del Vangelo di Marco è poi da considerare quello presente al primo capitolo “Il Regno dei cieli si è avvicinato, convertitevi e credete al Vangelo”: «Questo Regno di cui stiamo parlando – avverte monsignor Valentinetti -, regno di giustizia, amore, pace, benevolenza, santità, in realtà è già stato inaugurato. Questo regno è già presente in mezzo a noi. E chi l’ha inaugurato? L’ha inaugurato proprio Gesù, quando è venuto sulla Terra, perché il Vangelo è Lui. “Convertitevi e credete al Vangelo”, cioè convertitevi e credete in Cristo: Lui è il Signore venuto ad instaurare questo regno».
E i segni che manifestazione la sua instaurazione, nel Vangelo ci sono tutti: i ciechi che vedono, gli zoppi che camminano ed i lebbrosi sanati. Erano questi, dunque, segni che mostravano la potenza di Cristo affinché le persone che li vedevano potessero convertirsi: «Ma in realtà – puntualizza il presule – erano segni che manifestavano come il Regno di Dio fosse già presente e già cominciava a vivere in questo mondo. Dunque, anche noi cominceremo a vivere in questo Regno, rimanendo fedeli alla Parola ed all’Eucaristia. In questo caso, noi saremmo già dentro questo Regno e niente potrà spaventarci, neanche le immagini più apocalittiche, più atroci, perché il Regno è già in mezzo a noi». Dunque, la fine dei tempi, l’avvento del Regno di Dio, ma quando? Il Vangelo di Marco è chiaro a riguardo: «“A quel giorno – cita ancora Valentinetti -, o a quell’ora, nessuno lo sa, né gli angeli del cielo, né il figlio eccetto il Padre”. Questo è un mistero che solo il Padre conosce, quel Padre che è stato creatore di tutte le cose, che ha dato principio al cosmo e all’Universo. Solo quel Padre ne ha conosciuto l’inizio e solo Lui ne conoscerà la fine».
Quindi, in attesa che la fine dei tempi arrivi, non possiamo far altro che rimanere svegli, vigilanti “Vegliate – recita il Vangelo – perché non sapete quando è il momento”: «Ma badate bene – avverte l’arcivescovo -, non solamente la vigilanza perché tutto potrebbe accadere domani mattina, ma l’attenzione e la vigilanza perché finalmente, come credenti, scopriamo la verità di avere un cuore unificato dove la preghiera, la vita concreta di tutti i giorni, l’ascolto della Parola, la celebrazione dei sacramenti, l’amore verso il prossimo, l’amore che ci viene insegnato dalla parola del Vangelo, sia unificato in noi dentro il nostro cuore per poter vivere realmente questa attesa nella vigilanza. Se mettessimo in pratica questa Parola e la sentissimo più nostra nella vigilanza dell’attesa del Regno, e nel servizio alla vita della comunità attraverso l’evangelizzazione, quanta superbia in meno, quante pretese in meno, quanto amore in più nella vita delle nostre comunità».
Un amore, quest’ultimo, che sarebbe forte e viscerale non lasciandosi sopraffare dal sonno: «Vegliate – ammonisce, in conclusione, monsignor Valentinetti -, state svegli! Fratelli il demonio, come leone ruggente, va in giro cercando chi divorare. Resistetegli nella fede e non dimenticate che nella vigilanza c’è il combattimento interiore: quel combattimento forte che, forse, dobbiamo comunque essere pronti fare, se vogliamo realmente essere strumenti del Regno di Dio che viene in mezzo a noi. Che questo Avvento possa portare a tutti, indistintamente, il grande dono dell’attesa fervente, il grande dono dell’unità di cuore e il grande dono della vigilanza».
L’azione dello Spirito si distingue in ordinaria e straordinaria. Ordinaria, quando assicura quotidianamente alla Chiesa la Sua assistenza secondo la promessa di Gesù (Gv 14, 16-17. 26) ed è presente nella Divina Liturgia, nei sacramenti e nei concilii; straordinaria, quando si manifesta in maniera prodigiosa attraverso rivelazioni private a mistici o veggenti o miracoli. Nei primi secoli cristiani si rintracciava nelle Scritture ebraiche il preannuncio della venuta del Cristo, nei libri dei profeti e nei salmi.
Le citazione dalle scritture ebraiche non erano sempre riferite alla venuta del Messia. Gesù cita la Legge in risposta al Diavolo quando fù tentato (Matt 4:1-10) Paolo cita Gioele e forse anche Sofonia quando esorta a predicare, in Romani cap 10……E si faceva riferimento alle Scritture come autorità per sostenere verità….
Poiché quasi tutti i primi cristiani erano ebrei, è naturale che citassero le Scritture giudaiche per attingervi norme comportamentali, disciplinari, esortazioni morali con valore autoritativo. Ben presto iniziarono a compilare raccolte di testimonia scritturistici cristologici (e non solo) e a considerare come canonici – ossia divinamente ispirati – alcuni scritti contenenti il racconto della predicazione di Gesù e alcune lettere attribuite agli apostoli.
Non voglio “rimestare”…nulla a che fare con gli ariani….mi sento legato alla Scrittura come valore ispirato da Dio….
Anche ariani e giudeocristiani si sentivano legati alla Scrittura come ispirata da Dio: ciò non toglie che fossero in errore nell’interpretarla secondo idee e parametri umani, posti a fondamento delle loro teologie ed esegesi fallaci.
Entriamo in un discorso molto delicato e complesso. I primi cristiani (ebrei di nascita) quelli vissuti nel secolo di Gesù e di Paolo erano legati alla Scrittura…alle fonti originali….Le interpretazioni delle Scritture erano semplicemente relative alle citazioni delle Scritture Ebraiche nei discorsi di Paolo, Pietro, Gesù…e lo Spirito concedeva il giusto intendimento..
In quanto Dio, Gesù conosce il giorno e l’ora al pari del Padre (leggi su questo le formidabili argomentazioni di Gregorio di Nissa) ed è stato costituito giudice degli uomini e degli angeli; in quanto uomo, ribadisce che la conoscenza dell’eschaton è preclusa a tutte le creature razionali, uomini e angeli, ed è nota solo alla divinità. Non andare a rimestare obiezioni già mosse dagli ariani (quarto secolo d.C.)!!
…ma se Gesù è parte di una trinità….se Gesù è Dio…non dovrebbe anche lui conoscere “il giorno e l’ora”?…….(senza offese)