“Una Chiesa di Pescara sempre più missionaria, aperta alla missionarietà”
"Non stancatevi mai di sostenere con la preghiera l’attività nostra e di tutti i missionari che vorranno venire in Albania, affinché nessuno perda mai lo spirito di sacrificio"

«Preghiamo affinché la Chiesa di Pescara diventi sempre più una Chiesa missionaria, aperta alla missionarietà». Lo ha chiesto don Giovanni Cianciosi, sacerdote pescarese fidei donum in missione da due anni presso la diocesi di Sapa (nel nord dell’Albania) insieme ai laici pescaresi Mariapalma Di Battista, Tiziana e Goffredo Leonardis, venerdì sera all’interno della veglia missionaria diocesana in preparazione alla giornata missionaria mondiale odierna, dal tema “Periferie, cuore della missione”.
Una periferia, quella albanese, compresa fra i piccoli villaggi di Mabë, Dragushe, Kotërr, Dajç, Arst, Mëzi, Dardha e Qebik raccontata in una parrocchia di San Giovanni Bosco a Montesilvano gremita di giovani, sullo sfondo di cinque nastri colorati con i cinque colori in rappresentanza dei continenti (verde per l’Africa, bianco per l’Europa, giallo per l’Asia, rosso per le Americhe e blu per l’Oceania), che da Gesù crocifisso si congiungevano ad altrettanti ceri accesi posti sull’altare: «Questo sfondo – esordisce don Maurizio Volante, vice parroco di San Giovanni Bosco – ci ricorda che il missionario ha un cuore che è Cristo crocifisso, la sorgente ed il cuore della missione che si svolge laddove c’è emarginazione, abbandono, laddove c’è un degrado morale e materiale».
Un profilo, quest’ultimo, che corrisponde perfettamente alla realtà albanese la cui popolazione cerca ancora di ripartire, proprio dalla fede, dopo essere stata messa sotto scacco da un duro regime dittatoriale nazional-comunista guidato dall’esponente del Partito comunista albanese Enver Hoxha per 41 anni, dal 1944 al 1985: «Un regime – racconta don Giovanni Cianciosi – che aveva come obiettivo quello di distruggere l’intelligenza umana, partendo proprio dalle chiese che in quel periodo venivano rase al suolo oppure, quando ciò non era possibile, venivano trasformate in palazzi dello sport o case della cultura e parlare di Dio era vietato. Non a caso, nel 1967, il dittatore ha proclamato l’Albania come primo paese ateo al mondo. Per questo, oggi, il nostro compito è anche quello di risvegliare delle coscienze, per troppo tempo messe a tacere».
Una realtà, quella albanese, che comunque anche prima delle due guerre mondiali non ha mai goduto di autonomia, essendo passata sotto la guida di diverse dominazioni come quella ottomana, durata 500 anni: «Quello albanese – sottolinea don Giovanni, sacerdote fidei donum – è un popolo che non ha mai goduto di un periodo di libertà e di pace nella sua storia e proprio durante la sua dominazione ottomana, è divenuto a maggioranza musulmano, con i cristiani relegati nell’area settentrionale del Paese».
E proprio in quest’area, partendo dal villaggio di Mabë di circa mille abitanti, don Giovanni, Mariapalma, Goffredo e Tiziana svolgono la loro quotidiana missione di costante presenza, al fianco della popolazione locale: «Nell’ambito della nostra missione – precisa il sacerdote missionario – abbiamo dato vita innanzi tutto ad un corso di catechismo insieme alla visita alla famiglie, fra le quali condurremo un censimento per mappare tutta la realtà locale. Un lavoro, questo, che richiederà molto tempo e soprattutto una lunga presenza in famiglie dove, molto spesso, il marito chiede alla moglie quando sia nato il quinto, sesto o settimo figlio e la moglie riesce a ricordarlo solo dopo aver ritrovato il certificato di famiglia».
È una presenza, quella dei missionari pescaresi nella diocesi di Sapa, assai complessa da svolgere mantenendo un basso profilo che i nostri missionari pescaresi hanno immediatamente adottato: «Spesso – spiega don Giovanni Cianciosi – la nostra deve essere una presenza silenziosa, ma la popolazione locale sa che la nostra presenza non è legata ad un nostro desiderio, ma è tale per nome e per conto di Dio. Questo è il grosso lavoro che stiamo facendo».
Un lavoro articolato in una missione che, al di là della attività basilari del catechismo e della visita delle famiglie, comprende anche l’accompagnamento delle singole persone che devono sottoporsi a visite mediche e controlli ospedalieri, oltre a all’organizzazione di corsi di italiano, oltre che di musica e ballo: «Non è stato facile – confida il sacerdote fidei donum – mettere insieme questi ultimi due corsi, in una società patriarcale profondamente maschilista, che ci vede impegnati a far integrare in un unico gruppo ragazzi e ragazze poco abituati a convivere insieme».
Questa, dunque, è la missione pescarese condotta nella diocesi albanese di Sapa, gemellata alla nostra arcidiocesi di Pescara-Penne, che può e deve essere sostenuta da tutti mediante una partecipazione diretta, ma non solo: «Vi chiediamo una cosa fondamentale – conclude don Giovanni Cianciosi -: la preghiera, quella non è mai troppa. Non stancatevi mai di sostenere con la preghiera l’attività nostra e di tutti i missionari che vorranno venire in Albania, affinché nessuno perda mai lo spirito di sacrificio essendo sempre testimoni del Vangelo e dell’amore di Dio».