“Non lasciamoci rubare l’amore per la scuola”
«Non lasciamoci rubare l’amore per la scuola». Lo ha affermato Papa Francesco all’incontro con gli scolari e le loro famiglie che hanno affollato piazza San Pietro, via della Conciliazione e le vie limitrofe. Oltre 300mila le presenze per questo evento promosso dalla Conferenza episcopale italiana e che ha coinvolto tutte le scuole italiane. Nell’indirizzo di saluto il cardinale Bagnasco, presidente della Cei, ha ribadito che la prima risorsa per la scuola sono le persone, il ministro dell’istruzione Giannini, ha ricordato anche le studentesse nigeriane rapite e le tante ragazze cui è stata impedita l’esperienza della formazione.
Sono state tante le testimonianze, di coraggio e di difficoltà del mondo della scuola, ascoltate dal Papa prima del suo discorso: «Si vede che questa manifestazione non è contro, è per! – commenta il Papa – Non è un lamento, è una festa! Una festa per la scuola. Sappiamo bene che ci sono problemi e cose che non vanno, lo sappiamo. Ma voi siete qui, noi siamo qui perché amiamo la scuola. È sempre uno sguardo che ti aiuta a crescere – riflette il Pontefice, ricordando il legame duraturo, da quando aveva sei anni, con la sua maestra».
Il Santo Padre ha poi identificato tre elementi costitutivi della scuola, quali l’apertura alla realtà, l’incontro, l’educazione al vero, bene e bello: «Amo la scuola – spiega Papa Bergoglio – perché è sinonimo di apertura alla realtà. Almeno così dovrebbe essere! Non sempre riesce ad esserlo, e allora vuol dire che bisogna cambiare un po’ l’impostazione. Non abbiamo diritto ad aver paura della realtà! La scuola ci insegna a capire la realtà. Andare a scuola significa aprire la mente e il cuore alla realtà, nella ricchezza dei suoi aspetti, delle sue dimensioni. Questo è bellissimo!».
Ricordando, successivamente, la figura dell’educatore don Lorenzo Milani ha ribadito che nei primi anni si impara a 360 gradi, poi piano piano si approfondisce un indirizzo e infine ci si specializza: «Se uno ha imparato a imparare – osserva Papa Francesco -, questo gli rimane per sempre, rimane una persona aperta alla realtà!». Gli insegnanti, a detta del Papa, sono i primi che devono rimanere aperti alla realtà, con la mente sempre aperta a imparare: «Perché se un insegnante non è aperto a imparare – sottolinea il Pontefice -, non è un buon insegnante e non è nemmeno interessante; i ragazzi capiscono, hanno fiuto e sono attratti dai professori che hanno un pensiero aperto, incompiuto, che cercano un di più e così contagiano questo atteggiamento agli studenti. Questo è il primo motivo per cui amo la scuola».
La scuola, in seguito, è stata mostrata come luogo di incontro nel cammino e non come un parcheggio, come complemento alla famiglia, in cui incontrare, conoscere, amare: incontrando persone diverse da noi, diverse per età, per cultura, per origine, per capacità differenti: «La scuola – sostiene il Papa – è la prima società che integra la famiglia. La famiglia e la scuola non vanno mai contrapposte! Sono complementari, e dunque è importante che collaborino». Proprio per ribadire questa sinergia, il Papa ha più volte ripetuto un proverbio africano con la piazza: “Per educare un figlio ci vuole un villaggio”.
In aggiunta il Santo Padre ha guardato alla scuola che educa al vero, al bene e al bello, ribadendo che l’educazione non può essere neutra: «O è positiva o è negativa – ricorda – o arricchisce o impoverisce; o fa crescere la persona o la deprime, persino può corromperla». E ancora una volta, insieme a tutti i presenti, il Papa ha usato un proverbio: «Sempre è più bella – ripete il Santo Padre – una sconfitta pulita che una vittoria sporca. La missione della scuola è di sviluppare il senso del vero, del bene e del bello, che non sono mai dimensioni separate, ma sempre intrecciate. Insieme questi elementi ci fanno crescere e ci aiutano ad amare la vita, anche quando stiamo male, anche in mezzo ai problemi. La vera educazione ci fa amare la vita e ci apre alla pienezza della vita!».
Papa Francesco ha poi precisato che nella scuola non solo impariamo conoscenze, contenuti, ma anche impariamo abitudini e anche valori. Ed ha augurato la lingua della mente, del cuore e delle mani: «Cioè pensare quello che tu senti e quello che tu fai – conclude il Pontefice -; sentire bene quello che tu pensi e quello che tu fai; e fare bene quello che tu pensi e quello che tu senti. Le tre lingue, armoniose e insieme!». Al termine, prima della preghiera per tutti gli educatori, ancora il saluto ed un incoraggiamento: «Non lasciamoci rubare l’amore per la scuola!».