“Non smobilitare l’operazione Mare nostrum”
«Non smobilitare, ma continuare e rafforzare a livello europeo l’operazione Mare nostrum, che ha permesso di presidiare il Mediterraneo salvando centinaia di famiglie e persone e, al tempo stesso, di controllare e catturare scafisti e trafficanti di essere umani».
Lo ha chiesto in questi giorni la Fondazione Migrantes intervenendo nel dibattito sul ruolo dell’operazione Mare Nostrum, avviata nell’ottobre scorso dalla Marina Militare per far fronte all’emergenza immigrati illegali dalla Libia: «I nostri vicini, sulle altre coste dello stesso Mare Mediterraneo, non si rassegnano a vivere in situazione di guerra, di povertà, di persecuzione – spiega il direttore generale dell’organismo della Cei, monsignor Giancarlo Perego -. A muoverli talora è la rabbia di essere vittime di Governi che investono più in armi che in salute e scuola, di multinazionali che sfruttano le loro terre, ma anche il desiderio di pace e di lavoro per costruire un futuro migliore».
Per la Migrantes, infatti, con le navi militari si è realizzata una straordinaria operazione di pace, perché le barche che solcano il Mediterraneo sono colme soprattutto di persone in fuga da situazioni di guerra: «Chiudere questa operazione – sottolinea la Fondazione Migrantes – significa non solo indebolire la sicurezza nostra e di chi attraversa il Mediterraneo, ma significa anche ridare il Mediterraneo ai trafficanti di esseri umani».
Per monsignor Perego, al contrario, occorre subito investire in cooperazione e sviluppo perché oggi l’emergenza ha innanzitutto un nome: «La povertà, la fame e la sete, le guerre di un Continente come l’Africa al di là del Mediterraneo – ribadisce il direttore della Fondazione Migrantes -. Questa mobilità potrà essere gestita solo con grossi investimenti non in armi e in progetti di sfruttamento di queste terre, ma in azioni diplomatiche di mediazioni dei conflitti, in investimenti in cooperazione allo sviluppo, nel condono del debito estero dei Paesi più poveri, valorizzando anche il cammino migratorio di persone e famiglie come risorsa economica e sociale nel continente europeo destinato nei prossimi anni, a causa della denatalità, a dover far conto su imprenditorialità e manodopera di immigrati.
Dall’Europa sarà indispensabile – conclude – che arrivi, a partire dal semestre italiano, il segnale di una consapevolezza politica comune di valorizzazione delle migrazioni, con un’attenzione particolare alla mobilità delle persone, alla tutela di chi chiede una protezione internazionale, allo scambio di buone prassi. Ogni lettura culturale, sociale e politica delle migrazioni viziata da pregiudizi che alimentano conflittualità mina le nostre città e non costruiscono il futuro insieme».