“Dichiariamo illegale la povertà”
È stata presentata ieri a Roma l’iniziativa internazionale “Banning Poverty 2018 – Dichiariamo illegale la povertà”, che una rete di associazioni ha posto a livello mondiale e sta attuando in alcuni Pilota tra cui l’Italia. Tre le priorità individuate: “Mettiamo fuori legge la finanza predatrice”, “Diamo forza a un’economia dei cittadini” e “Costruiamo le comunità dei cittadini”, ciascuna delle quali sarà sviluppata attraverso l’avvio di specifiche campagne.
L’obiettivo finale, nel 2018, è l’ottenimento di una risoluzione delle Nazioni Unite che affermi la legittimità della messa fuori legge dei fattori all’origine di ogni diseguaglianza economica: «O la Borsa o la vita – ha spiegato ieri Riccardo Petrella, componente del Cipsi, il Coordinamento di iniziative popolarti di solidarietà internazionale -, perché escludere gli operatori borsistici dalle attività che riguardano servizi essenziali come l’acqua significa restituire davvero la vita. Oggi troppi beni comuni di ogni tipo, dalle Università all’industria agroalimentare, sono trasformati in strumenti finanziari. L’uomo è stato alienato in molti modi di tanti diritti e la campagna “Dichiariamo illegale la povertà”, intende far si che se ne riappropri».
Tra i temi che saranno affrontati ci saranno il lavoro che non deve essere mercificato, la chiusura ovunque dei Cie (i Centri di identificazione ed espulsione), il riconoscimento della cittadinanza mondiale e di un relativo passaporto. I partner italiani di “Banning Poverty 2018 – Dichiariamo illegale la povertà”, hanno inoltre realizzato un’opera collettiva per approfondire gli obiettivi della campagna e le sue motivazioni, ma anche le ragioni storiche e sociali che hanno portato l’uomo a vivere schiavo di quelle che definiscono “fabbriche della povertà”. Oltre 20 autori ne hanno identificate quattro principali: l’immaginario collettivo, per cui la povertà è un fatto naturale; le tesi sull’ineguaglianza tra esseri umani; l’esclusione e l’ingiustizia sociale; il sistema capitalistico predatorio.
Di esse viene fatta un’analisi dettagliata e imparziale. Non vengono tralasciati anche i numerosi tentativi falliti di miglioramento e gli spiragli di successo futuro che si intravedono grazie alle tante iniziative che, in ogni parte del pianeta, sono sbocciate spontaneamente per un mondo più giusto, equo e migliore: co-housing, bilancio partecipativo, reddito minimo di base, commercio equo, microcredito, gruppi d’acquisto, finanza etica. Se sviluppati e abbinati ad altre misure concrete che i singoli Stati potrebbero realizzare in sintonia tra di loro, la dichiarazione d’illegalità della povertà potrebbe diventare reale. L’e-book “Le fabbriche della povertà” si può scaricare in formato pdf dal sito www.banningpoverty.org e dal mese di ottobre sarà disponibile anche in versione cartacea.