In marcia per essere… operatori di pace
Erano oltre un migliaio i fedeli giunti da ogni parrocchia dell’arcidiocesi di Pescara-Penne che, sabato sera, hanno preso parte all’ottava edizione della Marcia per la Pace, organizzata dalla Caritas diocesana, svoltasi sulle strade di Cepagatti. Un’edizione caratterizzata dal tema “Beati gli operatori di pace”, al centro del messaggio scritto dal Santo Padre Benedetto XVI in occasione della Giornata mondiale per la Pace, sul quale già da mesi riflettevano gli alunni delle scuole del centro pescarese così come hanno fatto anche i giovani e gli adulti che non hanno solo marciato, avendo riflettuto sulla vero valore della pace: «Dobbiamo essere costruttori di pace – ha spiegato don Marco Pagniello, direttore della Caritas pescarese – e ognuno di noi è chiamato a guardarsi attorno, a leggere il proprio territorio, per capire come diventarlo in quanto la parola “pace” non vuol dire semplicemente assenza di guerra, indicando in realtà quell’ordine necessario affinché ci sia una reale convivenza delle diversità che permetta di realizzare il benessere per tutti, nonché la ricerca del bene comune».
Concetti, questi ultimi, approfonditi nel pomeriggio con i tanti giovani radunatisi nel centro sportivo di Cepagatti, i quali hanno potuto assistere all’intervento di Maurizio Artale, direttore del Centro anti-violenza “Padre Nostro” di Palermo e stretto collaboratore di don Pino Puglisi, il sacerdote ucciso da Cosa Nostra nel 1993 quando era parroco nel quartiere palermitano di Brancaccio: «Ai giovani – ha riflettuto successivamente Artale – ho voluto dire che non dobbiamo soltanto comprendere i conflitti armati come un dato oggettivo, in quanto nascono dai conflitti che si celano all’interno dei nostri cuori, che albergano dentro il nostro animo. E se non riusciamo a sconfiggere questi conflitti, ci saranno sempre dei conflitti armati. In fine dei conti, le armi vengono messe tra le mani di chi non comprende, ad uso e consumo dei ricchi, dei Paesi industrializzati che vivono sulle guerre degli altri popoli».
Ma non sono solo le guerre a mettere a rischio la pace, quanto anche le discriminazioni: «Dobbiamo sconfiggere – ha proseguito il direttore del Centro “Padre Nostro” di Palermo – questo male che vive dentro di noi e ci fa vedere il detenuto come nemico, così come accade per chi ha la pelle di colore diverso o professa un’altra religione. Il diverso non deve farci paura e questa è la chiave di volta che farà diventare davvero la nostra una comunità di pace».
E da questo punto di vista, proprio don Pino Puglisi ha saputo essere d’esempio svolgendo la sua missione sacerdotale: «L’insegnamento di Puglisi – ha raccontato Maurizio Artale – si può ricavare da un episodio che lo vide scampare ad un agguato mafioso. Due giorni dopo, salì sul pulpito e dopo aver letto la Parola di Dio si rivolse ai mafiosi dicendo “Ma perché ce l’avete con noi che vogliamo creare un quartiere più bello per i vostri figli? Venite, parliamone”. Questi era don Pino Puglisi che si apriva anche a chi voleva fargli del male, perché sapeva che dalla sua parte aveva Dio e che quindi non doveva aver paura di niente e di nessuno».
È stata una testimonianza forte quella lasciata dal laico siciliano, che i giovani d’oggi sono chiamati a cogliere al meglio pur non sapendo da dove cominciare: «I giovani – ha concluso Artale – devono solo fare il loro dovere. Devono studiare, imparare le lingue, leggere più quotidiani, vivere la vita perché è arrivato il momento che se ne riapproprino». La meditazione del laico siciliano ha quindi introdotto la Marcia per la Pace, composta da un lungo corteo guidato dall’arcivescovo Valentinetti e illuminato da decine di fiaccole.
La marcia, scandita da canti e preghiere, è partita da via Raffaele D’Ortenzio, davanti al Municipio, per poi attraversare via Emilio Casella, via Roma, via Duca degli Abruzzi e giungere nel centro storico, transitando in via Portonello ed in rione De Felice fino a giungere in piazza San Rocco, dove il corteo si è fermato disponendosi a mo’ di cerchio all’interno del quale i partecipanti hanno potuto scambiarsi quello che è considerato il segno di pace per antonomasia: un abbraccio al quale gli abitanti di Cepagatti hanno assistito emozionati e che difficilmente dimenticheranno.
Quindi la marcia ha ripreso il suo itinerario che, poco dopo, si è conclusa laddove era iniziata con il centro sportivo del paese che è tornato a riempirsi di giovani e adulti, pronti ad ascoltare la riflessione finale del loro arcivescovo: «Siamo bisognosi – ha ribadito monsignor Tommaso Valentinetti – di avere una pace duratura, una pace che possa invadere il cuore di tutta l’umanità. Beati gli operatori di pace perché saranno chiamati figli di Dio».