“Siamo tutti chiamati ad essere santi”
Il Movimento Pro Sanctitate, insieme ad altri movimenti ed associazioni ecclesiali e laicali di carattere pastorale sorti in quegli anni, è uno dei frutti più belli e rigogliosi del Concilio Vaticano II. Il movimento, nato nel 1947 su ideazione dell’allora sacerdote don Guglielmo Giaquinta successivamente divenuto vescovo di Tivoli e, al termine della sua vita terrena (conclusasi il 15 giugno 1994), riconosciuto Servo di Dio dalla Chiesa, si caratterizza per l’intuizione dell’esistenza di una chiamata universale alla Santità rivolta a tutti. Il Movimento Pro Sanctitate, nel corso dell’anno liturgico, con la solennità di Ognissanti celebra il suo giorno di festa, la Giornata per la Santificazione Universale. Non tutti sanno, inoltre, che dal 2009 a guidare il movimento in Italia, in qualità di direttore nazionale, è il quarantottenne pescarese Vincenzo Florindi che a “LaPorzione.it” ha raccontato il suo movimento, il suo impegno e quello degli altri aderenti spesi a servizio del Pro Sanctitate.
Vincenzo, quali sono i presupposti che hanno fatto nascere il Movimento Pro Sanctitate e quali obiettivi persegue?
«Tutto ruota alla base del concetto che ognuno di noi è chiamato ad essere santo, una finalità confermata e rilanciata nel capitolo quinto della costituzione “Lumen Gentium”. La sua attuazione pratica è la realizzazione di un mondo di santi e fratelli, una comunione ed una fraternità universale. In questo senso il movimento dà a tutti la possibilità di praticare i cammini formativi e quant’altro di utile a questo principio fondamentale».
Come si costituisce il vostro movimento?
«Il Pro Sanctitate è un cammino spirituale fondato sulla condivisione con l’altro, sulla fraternità, su una ricerca di cambiamento interiore forte. Tutto questo parte dai simpatizzanti, coloro che accolgono la chiamata alla Santità e la ritrasmettono e poi ci sono gli aderenti che portano avanti la diffusione della chiamata universale. Proprio ad essa pensava il nostro fondatore, ad una chiamata che andasse oltre i confini del cattolicesimo, divenendo una chiamata ecumenica alla Santità».
Tra l’altro, è ben noto che il vostro movimento non rappresenta esclusivamente un percorso formativo, ma anche di evangelizzazione. Com’è strutturato il vostro itinerario formativo e a chi si rivolge?
«Sì, la missionarietà è l’altro fattore importante del movimento che è rivolto a tutti, anche se ultimamente ci stiamo indirizzando verso i cosiddetti lontani perché crediamo che non sia più il caso di restare rintanati nelle nostre calde e accoglienti parrocchie, ma anche di intraprendere un discorso di evangelizzazione rivolto a chi non ha mai sentito o ha sentito in maniera difforme la Parola del Signore. Per il resto, non abbiamo una specifica e schematica tipologia di formazione, molto è lasciato anche alla sensibilità ed alla creatività personale: l’importante è rimanere all’interno della Chiesa. Il tema scelto per quest’anno è “Affamati dello stesso pane”. Partendo da questo slogan noi, durante l’anno svilupperemo una serie di argomenti riconducibili a quello generale».
A partire dalla nostra diocesi, fin dove arriva l’eco del vostro cammino di nuova evangelizzazione?
«Ormai il nostro movimento non è più presente solo in Italia, ma anche negli Stati Uniti, in India, Lettonia, Estonia, Olanda, Belgio e Malta. Diciamo che ci ha interessato notevolmente poter estendere il nostro percorso di nuova evangelizzazione soprattutto nei Paesi baltici, come Lettonia ed Estonia appunto, che hanno vissuto decenni di problematiche in tal senso. A livello diocesano, invece, siamo presenti dal 1975, quindi Pescara è un po’ casa nostra. Non a caso, questa diocesi ha espresso l’attuale direttore nazionale, che è un servizio oltre che un riconoscimento del cammino che, nel tempo, è stato fatto nella nostra diocesi. Poi, bisogna tener conto che nello stesso periodo, il movimento si è diffuso anche in altre zone d’Italia: ad esempio, essendo la regione d’origine del nostro fondatore, è la Sicilia ad ospitare i nuclei più numerosi del movimento».
Come operate sul territorio pescarese?
«In ogni zona operiamo attraverso la presenza di una direzione locale che è costituita in modalità del tutto identica a quella nazionale, essendo composta da un direttore locale, un segretario, un amministratore e dei consiglieri, e ha sede in centri di servizio specializzati in formazione, diffusione e liturgia. In ambito diocesano, ci sarebbe molto da fare a livello di famiglie, ragazzi e giovani. Intanto, in collaborazione con la Caritas diocesana, abbiamo rivolto un occhio attento agli ultimi, ai poveri anche sotto il profilo spirituale. E comunque, a livello diocesano, condividiamo il nostro cammino spirituale con gli altri movimenti attraverso la nostra partecipazione alla Consulta delle aggregazioni laicali: una presenza a cui teniamo particolarmente. Da Pescara, ultimamente, abbiamo allargato la nostra missionarietà anche nell’arcidiocesi di Chieti-Vasto e nella diocesi di San Benedetto del Tronto».
Il vostro cammino annuale culmina il primo Novembre con la Giornata per la santificazione universale: come viene vissuta?
«L’evento più importante di questa giornata è senza dubbio la celebrazione eucaristica, ospitata nella Cattedrale, presieduta dall’arcivescovo il primo Novembre che possiamo chiamare “mese della Santità”, che inizia proprio con una veglia di preghiera in preparazione delle celebrazione diocesana. Inoltre, abbiamo tenuto più veglie di preghiera unendo le parrocchie in più gruppi. Siamo davvero felici che la Chiesa abbia accolto la Giornata per la santificazione universale nel calendario liturgico. Questo non fa che spingerci ancora più avanti nel nostro impegno missionario, in questo senso. Del resto, questa giornata è stata ideata nel 1957, ancor prima del Concilio Vaticano II, e questo per noi è un grande motivo d’orgoglio».
Infine, qual è stato il bilancio della sua esperienza nel movimento e quali frutti ne ha ricavato?
«Faccio parte del movimento dal 1987, avendo quindi vissuto larga parte della storia del Pro Sanctitate. Dal 2009 sono direttore nazionale del movimento, la carica dura cinque anni e spero che in seguito ci siano altri che vogliano assumersi questa responsabilità con gioia, perché è stata una gioia, un regalo grande poter essere direttore nazionale e non tanto per l’apparire, quanto per essere parte attiva di uno dei movimento più antichi della Chiesa Cattolica. Questi cinque anni sono quindi un’esperienza unica, che sto condividendo con un’equipe affiatata, nell’ambito della quale ci siamo posti l’obiettivo di ritrovare le radici della nostra vocazione. Ad oggi, sono tre anni che lo facciamo e quest’anno abbiamo scelto di analizzare e sviscerare il modello di comunicazione da utilizzare con gli altri, per comunicare loro le cose che ci appartengono in maniera più approfondita e pungente. È questa la sfida che in questi ultimi anni vorremmo lanciare, proiettati verso il 2014 quando ricorrerà il centenario della nascita del nostro fondatore ed il ventennale della sua morte».