Un ripensamento antropologico contro la crisi
«Se la crisi economica è il sintomo di una concentrazione sull’utile immediato che inaridisce la comunicazione e rende precaria la convivenza, la soluzione non potrà venire da un semplice maquillage etico, ma richiederà un radicale ripensamento antropologico». Lo ha detto ieri mattina a Londra il cardinale Angelo Scola, arcivescovo di Milano, presentando alla Camera dei Lords di Westminster la Fondazione internazionale Oasis da lui fondata e presieduta, nata con l’intento di stimolare il dialogo tra Cristianesimo ed Islam e raggiungibile sul sito web www.oasiscenter.eu.
Secondo il porporato in questo ripensamento, che dovrà rimettere al centro la questione della verità, nel suo nesso vitale con la libertà risiede la rilevanza culturale e il contributo che gli uomini delle religioni, e i cristiani e musulmani in particolare, possono offrire oggi gli uni gli altri per il bene comune: «Credo si possa affermare – ha spiegato l’arcivescovo – che la presenza musulmana pone, molto più di altre, una sfida all’attuale assetto dell’Occidente. Due le ragioni principali di questa difficoltà. Prima di tutto, l’Islam, pur richiamandosi con chiarezza alla tradizione biblica, se ne distanzia su diversi punti, non potendo essere inteso come una variante interna al cristianesimo. D’altra parte esso mantiene ferma una “pretesa” veritativa universale che la maggior parte delle religioni orientali non esprime con uguale forza. Tale connubio tra una tensione universalistica analoga a quella cristiana e una differente visione del mondo, costituisce la peculiarità della condizione dei credenti musulmani nell’Occidente contemporaneo, la cui presenza pone il problema della convivenza di differenti mondovisioni universali nella sfera pubblica».
Se fino a questo momento, a detta del cardinale Scola, è stato preferito un approccio pragmatico, volto a confinare la diversità e a limitare i conflitti, per Oasis il punto di partenza per impostare la relazione tra soggetti personali e comunitari in una società plurale, risiede nel principio di comunicazione inteso come un fondamentale mettere in comune. Da qui, la necessità di riconoscere l’altro come interlocutore a pieno titolo: «Questo genere di comunicazione – ha assicurato il cardinale Scola – permette un incontro profondo, nel quale ciascuno può presentarsi per quello che è. Tuttavia, quando si parla di queste cose in Occidente, l’effetto, a pelle, è diverso: si registra una diffusa sfiducia». E secondo il porporato, tutto questo dipende dal fatto che in diversi settori della società attuale è stato rimosso il problema della verità in se stessa e nel suo rapporto con la libertà, quindi di ciò che ci riguarda, in profondità, come esseri umani.