Ancora difficile regolarizzare gli immigrati
«Onerosa, incerta e con una serie di ostacoli che la rendono impraticabile. Una iniziativa che avrebbe tutti gli estremi per essere accolta con grande favore, perché favorisce l’emersione del lavoro nero, rischia di trasformarsi in un’occasione perduta». Così Oliviero Forti, responsabile dell’ufficio Immigrazione di Caritas Italiana, ha definito il provvedimento di emersione dei lavoratori stranieri, che scadrà il prossimo 15 Ottobre, di cui si è parlato in settimana a Roma nel corso di un incontro al ministero dell’Integrazione con il Tavolo nazionale immigrazione, al quale aderisce anche Caritas Italiana.
Al momento sono state già presentate 14 mila domande, ma per la scadenza del 15 Ottobre si prevede un boom di domande: «L’ostacolo principale – ha spiegato Forti – è dovuto alla prova di presenza sul territorio italiano al 31 dicembre 2011, richiesta allo straniero, che deve essere documentata da organismi pubblici. Secondo l’interpretazione restrittiva del Governo sono organismi pubblici solo le pubbliche amministrazioni. Ma sappiamo che queste non possono produrre documentazione, salvo casi molto particolari, agli stranieri irregolari. Vorremmo che, come in passato, possano rientrare come attività di pubblico servizio anche enti privati come la Caritas o l’Arci, per dimostrare, tramite il tesserino, la presenza degli irregolari che passano per le nostre strutture».
Del resto, a detta del funzionario Caritas, questo problema si sta già verificando sul territorio, con le Caritas diocesane che si trovano in difficoltà e chiamano gli uffici centrali, alla ricerca di consigli: «Anche se – ha auspicato il responsabile dell’ufficio Immigrazione di Caritas Italiana – altri aspetti del provvedimento sono criticabili, chiediamo almeno di non sorvolare su questo aspetto. Altrimenti vorrebbe dire che la regolarizzazione non ha la reale intenzione di far emergere il lavoro nero ma è solo uno specchietto per le allodole».
Inoltre, le associazioni presenti al Tavolo nazionale immigrazione hanno riscontrato altri aspetti criticabili riguardo al provvedimento che sarebbe troppo oneroso: «Si chiede ai datori di lavoro – ha concluso Oliviero Forti -, ma sappiamo che la spesa ricade invece sui lavoratori, di pagare una cifra che va dai 4 mila a 7 mila euro, con mille euro di contributo forfettario che non saranno restituiti se la domanda non viene accolta. Da parte del ministero dell’Integrazione c’è stata massima disponibilità a superare questa impasse. Ci attendiamo lo stesso da parte del ministero dell’Interno e del ministero del lavoro».