L’urbanizzazione impoverisce i bambini
Un miliardo di bambini nel mondo vivono nelle città, ma l’urbanizzazione ne lascia centinaia di milioni privi di accesso ai servizi di base. È stato questo il grido d’allarme lanciato oggi dall’Unicef presentando, in contemporanea nel mondo ed anche a Roma, il rapporto “La condizione dell’infanzia nel mondo 2012: Figli delle città” alla presenza del presidente del Senato Renato Schifani e del presidente dell’Unicef Italia Giacomo Guerrera.
Approfondendo i dati, il Rapporto Unicef 2012 fornisce una visione del tutto nuova sulle condizioni dei minori che vivono nelle metropoli del mondo, svelando grandi disparità che uniscono gli scenari urbani di Asia, Africa e America Latina: «Oggi – ha annunciato il presidente Unicef Guerrera – il 50% della popolazione mondiale vive in aree urbane, ed entro la metà di questo secolo arriverà a oltre due terzi». In questa percentuale, rientra proprio il miliardo di bambini residenti nelle città del mondo, un numero destinato ad aumentare nel tempo dato che, annualmente, la popolazione urbana cresce di 60 milioni di persone.
Fra i cinque continenti, inoltre, è l’Asia ad ospitare la metà della popolazione urbana mondiale, oltre a 66 delle 100 zone urbane che crescono più rapidamente: «Eppure – ha aggiunto il presidente di Unicef Italia – circa un terzo della popolazione urbana mondiale già oggi vive negli “slum” (quartieri poveri interessati da forte isolamento economico e sociale, ndr) e in Africa questa percentuale sale al 60%, dove si concentrano povertà, emarginazione e discriminazione. Entro il 2020 quasi 1,4 miliardi di persone vivranno in insediamenti non ufficiali e negli slum».
Dunque, se nell’immaginario collettivo i più colpiti dalla povertà dovrebbero essere i bambini residenti nei villaggi rurali, in realtà, sono proprio quelli residenti in slum e baraccopoli a vivere l’esistenza peggiore, essendo tra i più vulnerabili e svantaggiati al mondo, privati come sono della maggior parte dei servizi di base e del diritto di crescere bene: «Escludendo questi bambini – ha sottolineato Anthony Lake, direttore generale dell’Unicef, presentando il Rapporto a Città del Messico – che vivono negli slum non solo li priviamo della possibilità di sviluppare il proprio potenziale, ma priviamo anche le loro società di benefici economici che derivano da una popolazione urbana in buona salute e ben istruita».
Dallo studio emerge ancora che molte città, nel mondo, garantiscono a molti bambini scuole, ospedali e parchi gioco pur presentando, esse stesse, una serie di disparità in termini di salute, istruzione e opportunità per i più piccoli. Infatti, in molte regioni, le infrastrutture e i servizi non tengono il passo della crescita urbana e così i bisogni di base espressi dai bambini non vengono soddisfatti. E, paradossalmente, le famiglie che vivono in povertà, spesso, pagano molto di più per dei servizi scadenti.
Ad esempio l’acqua, nei quartieri più poveri, che i residenti acquistano dai venditori privati, può costare 50 volte di più che nei quartieri ricchi, dove le case ricevono l’acqua direttamente attraverso le condutture: «É essenziale – esorta l’Unicef – concentrarsi sull’equità, raggiungendo i bambini più poveri dovunque essi vivano; perciò si chiede ai Governi di mettere i bambini al centro dei piani urbanistici e di ampliare e aumentare i servizi per tutti».
Tra l’altro, nell’ambito delle buone pratiche, il rapporto ha rilanciato l’iniziativa internazionale “Città amiche dei bambini”, avviata dall’Unicef e da UN-Habitat, la quale rappresenta la prima partnership ad aver unito tutte le parti interessate, mettendo i bambini al centro dell’agenda urbana anche in Italia: «Oggi – ha ricordato Giacomo Guerrera, presidente di Unicef Italia – ci sono più di 300 sindaci italiani nominati “Difensori dell’infanzia” dai Comitati provinciali per l’Unicef, con l’impegno di realizzare i 9 passi per costruire una città amica dei bambini, il quadro di riferimento dell’Unicef Internazionale per tutte le amministrazioni comunali del mondo».
Del resto, l’urbanizzazione è ormai divenuta una realtà della vita: «Dobbiamo – ha concluso il direttore generale Anthony Lake – investire di più nelle città, focalizzando maggiormente l’attenzione nel fornire servizi ai bambini che più hanno bisogno».