L’Italia? Un paese che invecchia
In futuro chi si prenderà carico delle sorti del nostro Paese? Un popolo di vecchietti. Sarà anche una rappresentazione fin troppo riduttiva e semplicistica di quello che potrebbe essere lo scenario futuro, ma a ben guardare i dati pubblicati nel volume “Il cambiamento demografico. Rapporto-proposta sul futuro dell’Italia”, edito da “Laterza” e curato dal Comitato per il Progetto culturale della Cei che lo ha presentato ieri a Roma, rende perfettamente l’idea.
Del resto in Italia, dati Istat alla mano, l’indice delle nascite precipita vertiginosamente col passare degli anni: vengono al mondo 600 mila bambini in meno l’anno, 561.944 nel 2010 rispetto ai 900 mila degli anni settanta, 150 mila in meno di quanto sarebbe necessario solo per garantire l’attuale dimensione demografica. Tutto questo, mentre la fecondità si è attestata intorno alla media di 1,4 figli per donna. Dati preoccupanti, questi ultimi, ma che devono essere inseriti in un contesto sociale caratterizzato da un allungamento della vita media della popolazione italiana, la quale convive con oltre 5 milioni di immigrati. E poi ci sono le difficoltà dei giovani adulti a raggiungere l’economia e il disagio per dover rimanere ancora in famiglia, le conseguenze della legge 194 (sull’interruzione volontaria della gravidanza, ndr) e l’influenza dei media sulla società.
Tutto questo, oltre ad un capitolo appositamente dedicato alle proposte ed alle azioni politiche e sociali per governare questi fenomeni, è presente nel rapporto elaborato dal Comitato della Conferenza episcopale italiana: «Non ci si nasconde – ammette il cardinale Camillo Ruini, presidente del Comitato per il Progetto culturale Cei – la grandissima difficoltà e i possibili rischi di un simile compito, ma non lo si ritiene a priori irrealizzabile. Il confronto con altre nazioni non troppo dissimili da noi, come in particolare la Francia, che si sono mostrate in grado di affrontarlo, aiuta a non cedere alla rassegnazione, sebbene il Rapporto-proposta non trascuri di mettere in luce le profonde differenze tra le due situazioni italiana e francese».
Ma al di là di tutto, secondo il porporato, il problema è si principio: «Se non si pone rimedio al declino demografico – aggiunge il cardinale – l’Italia, già nel medio periodo, non potrà far fronte utilmente ad alcuna delle altre impegnative sfide che stanno davanti a lei». Così, per tornare ad incidere positivamente sull’andamento demografico, il Rapporto-proposta individua due ordini di fattori.
Il primo è costituito dagli interventi pubblici, ovvero da una serie organica di provvedimenti di lungo periodo rivolti non a premere sulle coppie, perché mettano al mondo dei figli che non desiderano, bensì ad eliminare le difficoltà sociali ed economiche che ostacolano la realizzazione dell’obiettivo di avere i figli che esse vorrebbero: «I figli, o le nuove generazioni – spiega l’alto prelato – sono una necessità essenziale per il nostro corpo sociale e quindi rappresentano un bene pubblico, e non soltanto un bene privato dei loro genitori».
In concreto, scrive il rapporto, la misura più efficace per sostenere la natalità è rappresentata dall’”equità fiscale”, intesa come modalità strutturale di trattamento equo della famiglia, sotto il profilo del reddito effettivamente spendibile dai suoi membri. Si parla, in tal senso, di adottare il quoziente familiare, oppure il “fattore famiglia” con la determinazione di una “no tax area”. In parallelo, sarebbe fondamentale potenziare i servizi di qualità per la primissima infanzia, come i nidi, valorizzando il ruolo dei consultori.
Il secondo ordine di fattori, invece, si colloca a un livello più profondo, quello delle mentalità, degli insiemi di rappresentazioni e sentimenti, insomma dei vissuti personali e familiari e della cultura sociale, che influiscono potentemente sui comportamenti demografici: «Tra questi due ordini di fattori – osserva Ruini – il secondo appare quello maggiormente decisivo per le scelte concrete delle coppie, ma anche il primo è necessario, perché senza di esso il desiderio di procreare spesso non si traduce in comportamenti conseguenti. I due ordini di fattori sono quindi interdipendenti e non vanno separati l’uno dall’altro».
Ma in attesa che il Governo italiano, messo alle corde dalle agenzie di rating, assuma davvero dei provvedimenti concreti, l’Italia continua ad invecchiare con i nonni che hanno ormai superato i nipoti e già si prospetta, in un futuro non lontano, il sorpasso dei bisnonni sui pronipoti. Tutto questo per buona pace del sistema del welfare, del sistema produttivo e di un pacifica convivenza sociale.