Il “grido amaro” della Cei
«Le ombre, anche le più gravi e dolorose, non possono oscurare il bene che c’è». Con queste parole, pronunciate dal cardinale Angelo Bagnasco, è iniziata ieri, in Vaticano, la 63° Assemblea dei vescovi italiani. Nella prolusione il presidente della Cei ha esordito con un “grido amaro”, lo stesso dello scorso anno, ribadendo che «sull’integrità dei nostri sacerdoti non possiamo transigere, costi quel che costi – ha affermato con forza rivolgendosi ai presuli italiani e dimenticando, forse, per un attimo, di essere anche l’arcivescovo di Genova – Anche un solo caso, in tale ambito, sarebbe troppo. Quando poi i casi si ripetono, lo strazio è indicibile e l’umiliazione totale».
Dopo aver citato le linee guida riguardo i casi di abusi sessuali da parte del clero il cardinale ha smorzato i toni, ha riconosciuto sommessamente – nonostante riguardi la “stramaggioranza” del clero italiano – il bene che ogni giorno i sacerdoti compiono e ha analizzato la straordinarietà dell’evento del 1 maggio, della Beatificazione di Giovanni Paolo II, della immensa folla, senza esimere i vescovi dalla necessità «di rigenerare continuamente il cattolicesimo popolare oggi sotto sfida da parte di un secolarismo anch’esso attraversato da contraddizioni».
Non è, ovviamente, mancato il riferimento alla sfera politica. «La gente è stanca di vivere nella rissa e si sta disamorando sempre di più». E ancora: «La politica che ha oggi visibilità – ha affermato Bagnasco riferendosi sicuramente alle tensioni parlamentari, alle campagne elettorali e anticipando l’appuntamento di preghiera per l’Italia nel 150° anniversario dell’Unità d’Italia del 26 maggio – è, non raramente, inguardabile, ridotta a litigio perenne, come una recita scontata e noiosa».
Una volta ribadita l’esigenza di «una nuova generazione di politici cattolici» e l’impegno della Chiesa (speriamo approfondisca con più chiarezza) «a formare aree giovanili non estranee alla dimensione ideale ed etica per essere presenza morale non condizionabile», il presidente della Cei ha espresso l’auspicio che il ddl sul fine vita ottenga «il consenso più largo da parte del parlamento».