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L’Europa dice “no” al reato di clandestinità

La Corte di giustizia europea, ha emesso ieri la sentenza di incompatibilità della norma italiana con le direttive europee. Maroni: “Sono insoddisfatto”

Il reato di clandestinità, ammesso di recente dalla legislazione italiana, che consente di punire gli immigrati irregolari attraverso la reclusione è stato bocciato ieri da una sentenza della Corte di giustizia europea: «La norma – hanno spiegato i giudici – è in contrasto con la direttiva europea sui rimpatri dei clandestini».

Per giungere alla sentenza, emessa ieri a Lussemburgo, i magistrati hanno preso in esame il caso di Hassen El Dridi, un algerino condannato alla fine del 2010 a un anno di reclusione dal tribunale di Trento per non aver rispettato l’ordine di espulsione. Così, dopo un’attenta analisi dei fatti, la Corte di giustizia europea ha stabilito che una sanzione penale, come quella prevista dalla legislazione italiana, può compromettere la realizzazione dell’obiettivo di instaurare una politica efficace di allontanamento e di rimpatrio nel rispetto dei diritti fondamentali.

Infatti: «Gli stati membri – chiarisce la sentenza – non possono introdurre, al fine di ovviare all’insuccesso delle misure coercitive adottate per procedere all’allontanamento coattivo, una pena detentiva, come quella prevista dalla normativa nazionale in discussione, solo perché un cittadino di un paese terzo, dopo che gli è stato notificato un ordine di lasciare il territorio nazionale e il termine impartito con tale ordine è scaduto, permane in maniera irregolare sul nostro territorio».

Il ministro dell'Interno, Roberto Maroni

Quindi, da oggi, i giudici italiani non potranno più applicare alcun provvedimento che sia contrario alla direttiva europea come quello in discussione, introdotto nell’ordinamento legislativo italiano nel 2009 nell’ambito del “pacchetto sicurezza”, che prevede la reclusione da uno a quattro anni per gli immigrati irregolari. Una decisione, quella dei magistrati europei, davvero mal digerita dal ministro degli Interni Roberto Maroni, fra i maggiori promotori dell’introduzione del reato di clandestinità, che non ha mancato di far emergere il proprio disappunto: «Quella della Corte di giustizia europea – ha dichiarato Maroni – è una decisione che mi lascia insoddisfatto, perché primo ci sono dei paesi europei che prevedono il reato di clandestinità e non sono stati censurati e, in seconda battuta, l’eliminazione del reato accoppiata a una direttiva europea sui rimpatri rischia, di fatto, di rendere impossibili le espulsioni».

Si tira, al contrario, un sospiro di sollievo in ambito ecclesiale, dopo aver appreso la sentenza europea: «Questa sentenza – ha affermato monsignor Giancarlo Perego, direttore generale della fondazione Migrantes – è un passo avanti verso un diritto delle migrazioni che aiuti a rendere efficaci le azioni e le politiche migratorie dei singoli stati europei, comprese anche quelle di allontanamento e di rimpatrio, senza però mai ledere i diritti della persona e senza esasperare situazioni di trattenimento».

L’apprezzamento per la sentenza emessa dai giudici di Lussemburgo, arriva inoltre anche dal Vaticano: «La sentenza – ha

Monsignor Antonio Maria Vegliò

osservato monsignor Antonio Maria Vegliò, presiedente del Pontificio Consiglio per i migranti e gli itineranti – dimostra attenzione e sensibilità verso la dignità della persona umana, anche se essa si trova in situazione irregolare. Questa attenzione alla persona, è alla base della sollecitudine pastorale della Chiesa e della sua dottrina sociale».

Ed è la Caritas, ora, a richiedere risposte al Governo: «Ora ci attendiamo – ha sottolineato Oliviero Forti, responsabile nazionale dell’ufficio Immigrazione di Caritas italiana – che venga recepita la direttiva dell’Unione Europea sui rimpatri e quindi che venga rispettata la sentenza. Si tratta di dare seguito al principio del rimpatrio volontario assistito, che avrebbe costi inferiori rispetto ai rimpatri forzati».

Infine, è ancora più netta la posizione delle Acli, le Associazioni cristiane dei lavoratori italiane: «Dopo questa bocciatura – ha considerato Antonio Russo, responsabile immigrazione Acli – si rende ancora più urgente riformare la legge 94 del 2009 (che ha istituito il reato, ndr) e abolire il reato di clandestinità che, in questi due anni, ha alimentato un inutile contenzioso».

About Davide De Amicis (4516 Articles)
Nato a Pescara il 9 novembre 1985, laureato in Scienze della Comunicazione all'Università degli Studi di Teramo, è giornalista professionista. Dal 2010 è redattore del portale La Porzione.it e dal 2020 è direttore responsabile di Radio Speranza, la radio della Chiesa di Pescara-Penne. Dal 2007 al 2020 ha collaborato con la redazione pescarese del quotidiano Il Messaggero. In passato è stato direttore responsabile della testata giornalistica online Jlive radio, ha collaborato con Radio Speranza, scritto sulla pagina pescarese del quotidiano "Avvenire" e sul quotidiano locale Abruzzo Oggi.
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