La “buona memoria” di Pescara
No, Pescara non dimentica. Anzi, ha una memoria “di ferro” e a dimostrarlo ieri, in occasione della
“Giornata della Memoria 2011”, c’era la grande cerimonia istituzionale svoltasi presso la sala consiliare di Palazzo di Città. Un evento di caratura nazionale quello organizzato, sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica, dall’amministrazione comunale, prima in Italia nel dedicare questa giornata a Witold Pilecki, ufficiale dell’esercito polacco, colui che per primo svelò al mondo, dopo essersi fatto arrestare volontariamente, ciò che accadde ai deportati nel campo di sterminio di Auschwitz: l’olocausto.
Del resto, i pescaresi come potrebbero dimenticare i bombardamenti che colpirono la città, nel Settembre del 1943 oppure, l’anno seguente, le vittime dell’eccidio nazista di Colle Pineta. Così, quella Pescara che il giornalista Marco Patricelli definisce “città martire”, ha ricordato vittime e sopravvissuti del genocidio nazista, perpetrato ai danni di ebrei, rom, sinti, omosessuali, malati di mente ed oppositori politici, attraverso lo slogan “Per non dimenticare”: «Quest’oggi – ha sottolineato Luigi Albore Mascia, sindaco di Pescara – la nostra città ha scritto una pagina straordinaria riguardo ad un contesto storico che le giovani generazioni, hanno il dovere di consegnare alle future».
Infatti, buona parte del pubblico presente era composto da studenti, i quali hanno assistito ad una
mattinata carica di emozioni, come quelle espresse dal vice ambasciatore polacco in Italia, Wojciech Unolt: «La dedica di questa giornata – ha commentato il diplomatico – a Witold Pilecki rende onore ai polacchi, perché dimostra quanto quest’uomo non sia solo un nostro eroe nazionale, ma venga ricordato come portatore di quei valori, come dignità e libertà, su cui poggia la civiltà europea».
Ed il valoroso militare polacco, era rappresentato dal figlio Andrzej, mediante una lettera fatta pervenire dal dottor Krzysztof Olszewski, docente dell’università di Varsavia, il quale ha ricevuto una targa ricordo dal sindaco Mascia: «Per nostro padre – scrive il figlio di Pilecki – la Polonia era il valore più grande. Oggi, Pescara e Varsavia sono particolarmente unite». E le gesta di Pilecki, si conosceranno meglio in Italia grazie al libro “Il Volontario”, scritto dall’autore pescarese Marco Patricelli:«La Polonia – ha spiegato lo scrittore al pubblico – è una nazione che non si è mai arresa. Portate un pezzo di Polonia nel vostro cuore, per ricordare ciò che non deve più ripetersi».
All’evento, hanno preso parte le autorità civili e militari, su tutti il Presidente della Provincia, Guerino Testa ed il presidente del Consiglio Regionale, Nazario Pagano. Ha infine ha chiuso i lavori lo storico Giordano Bruno Guerri, “super consulente” chiamato per rilanciare la cultura pescarese: «È importante – ha concluso Guerri – ricordare. Senza la memoria, infatti, non abbiamo gli strumenti per capire il presente ed aprirci al futuro».
E ieri, anche le scuole pescaresi hanno partecipato al ricordo. Il Liceo Classico “D’Annunzio”, ha coinvolto alcune classi del quinto ginnasio e del terzo liceo in una conferenza-dibattito coordinata dal professor Raffaele Simoncini:«Abbiamo voluto approfondire – ha evidenziato il docente – il tema per far ritrovare una coscienza storica ai giovani d’oggi, distratti dalle tecnologie».
Domani, invece, sarà l’Istituto “Manthonè” ad ospitare, alle ore 10:30, un convegno, sullo sterminio dei rom, dal tema “I rom e i sinti dal porrajmos alle discriminazioni di oggi”. Ma la testimonianza più toccante, che non ha bisogno di commenti, è pervenuta ieri sera, presso il palazzo comunale di Montesilvano, dov’è intervenuto Ermando Parete, ex sottufficiale della Guardia di Finanza ed ultimo sopravvissuto italiano del campo di sterminio di Dachau: «In quel periodo – ha narrato commosso l’ex finanziere di Abbateggio – ogni giorno poteva essere l’ultimo e mentre eravamo in attesa di essere fucilati dalle “SS”, il 29 Aprile 1945 alle ore 18, pensavo di morire urlando “viva la Guardia di Finanza, viva l’Italia”. Invece, arrivarono gli americani e tornai in Abruzzo, a piedi, in 37 giorni, al peso di 29 chilogrammi. Al ritorno venivamo di sprezzati perché sconfitti nella guerra, invece avevamo vinto la battaglia con noi stessi per la sopravvivenza». Queste le eroiche gesta del deportato numero “142192”.
Foto Pilecki: www.passatopresente.blog.rai.it