Lo “charme” dell’Immacolato
Quella dell’Immacolata Concezione è una delle solennità cattoliche più tipiche e più controverse. Più controverse perché certi devozionismi deteriori ne hanno appiattito l’enorme portata teologica nella mente dei fedeli; più tipiche perché, oltre ad essere germinalmente attestata fin dal II secolo dell’era cristiana, essa è pure quella che dell’antropologia cattolica – peculiarmente lucida e positiva – dà il fondamento archetipico.
Sorvoliamo sulle inenarrabili delusioni che si vivono quando ci si rende conto che nessuno ha più la più pallida idea di cosa s’intenda con l’espressione “Immacolata Concezione”: il più delle volte si sente dire che con ciò si suole esprimere il fatto che Gesù fu concepito senza concorso umano; qualche altra volta che, proprio in vista della prodigiosa nascita del Figlio di Dio, anche Maria fu concepita (con buona pace di Gioacchino) senza concorso umano. L’unico punto di contatto tra queste due sciocchezze è una vigorosa svalutazione dell’elemento sessuale: questa è, sì, vigorosa, ma essendo pure totalmente dimentica della sua ascendenza e delle sue pur valide implicazioni teoretiche, si fa banale etichetta morale – non si sa quindi come e perché, ma dovendo Maria e Gesù compiere “cose pulite” (anzi, pulitissime!), è meglio che entrambi abbiano il meno possibile a che fare col sesso.
Inutile, pure, stare a precisare che la parola “Immacolata” deriva da un accesissimo dibattito medievale da cui dipendeva la declinazione della “cristianità” di questo dogma. Rimandiamo tutto questo a un’eventuale pagina teologica. Oggi c’intratteniamo, invece, a considerare proprio la superficie comune dell’aggettivo “immacolato”. Non è un aggettivo “positivo”, ma negativo – e diventa positivo in quanto è negativo ciò che esso nega. “Non-macchiato”: l’uso e la comprensione dell’aggettivo sono l’ammissione implicita della macchia. Lo stato che si designa con l’aggettivo “immacolato” non può prescindere dalla posizione – almeno logica – di un qualcosa che sia sporco, cioè alterato rispetto a un’originaria purezza. Questo fa dell’aggettivo un lemma oscillante tra il “prima” e il “dopo” la macchia: immacolato non è (e non può essere) lo stato della “purezza originaria”, perché in quello stato non si sa niente della macchia – è questo uno stato molto più fragile di quello dell’immacolato. Ciò che è originariamente puro ancora non sa di eventuali minacce alla propria integrità; al contrario, ciò che è immacolato ha la minaccia “dietro le spalle”.
È tanta e tanto forte la coscienza del “qualcosa” che proprio non quadra nel modo di girare degli affari del nostro piccolo mondo che anche un maudit del calibro di Baudelaire, tutto infiammato dietro alle perversioni della sua vampira (Jeanne Duval), non mancava d’invaghirsi di tanto in tanto di “brave ragazze”, con cui però non doveva neppure parlare – pena il rilevare subito l’ombra di una qualsivoglia macchia. Il compromesso cui il poeta maledetto si piegava non poteva portare grandi frutti: ciò che stava al di là del proprio intento era comunque una finzione immaginifica, che oltre a non essere “reale” aveva l’irriducibile difetto di risultare composito di una purezza originaria proiettata e di una consapevolezza della colpa occultata. La pura era ancora troppo pericolosamente esposta alla macchia – mentre l’immacolata, la macchia, ce l’avrebbe avuta alle spalle. Di qui si capisce anche la misera debolezza di tanta iconografia mariana dell’Immacolata: il più delle volte il suo volto è tanto dimesso da sfiorare l’inconsapevolezza, ossia lo stato di Eva prima del peccato – e che c’è in comune tra quella vergine inesperta recintata nell’Eden con un solo uomo e la donna vestita di sole, incinta e in preda alle doglie, che si trova a partorire tra cielo e terra davanti a una bestia inusitata?
Ecco il segreto di quell’intensa parola rivolta dall’angelo a Maria: «Kecharitoméne». Se la pensiamo tradotta con l’abituale e caro “gratia plena” del latino non riusciamo a tenere a mente che “charis” non è semplicemente la benevolenza del potente sull’umile, ma è pure la radice del francese “charme” (una delle malattie di Baudelaire). Lo charme di cui parlava l’angelo è quello di chi conservava (naturalmente per “gratia”) la purezza originaria “fuori dallo steccato edenico” – e questa è cosa tale da sedurre perfino l’Onnipotente.
La nostalgia di questo charme resta, nonostante il crollo dell’illusione della purezza originaria: l’età dell’oro ha un difetto-limite nell’essere intimamente mitologica; la sete dell’immacolato, invece, esige che un’immacolata concezione si trovi nel nostro povero mondo, «un théâtre banal», scrisse Baudelaire. Per chi sa leggere, egli ha lasciato nelle ultime due stanze de L’Irréparable la nostalgica serenata a un postulato della ragione estetica ed etica.
[…]
— J’ai vu parfois, au fond d’un théâtre banal
Qu’enflammait l’orchestre sonore,
Une fée allumer dans un ciel infernal
Une miraculeuse aurore;
J’ai vu parfois au fond d’un théâtre banal
Un être, qui n’était que lumière, or et gaze,
Terrasser l’énorme Satan;
Mais mon coeur, que jamais ne visite l’extase,
Est un théâtre où l’on attend
Toujours. toujours en vain, l’Etre aux ailes de gaze!
(Charles Baudelaire, “L’Irréparable”, in “Les Fleurs du Mal”, Paris 1856)
[…]
— Ho visto talvolta, sul fondo d’un banale teatro
Che l’orchestra sonora infiammava,
una fata accendere in un cielo infernale
una miracolosa aurora;
ho visto talvolta, sul fondo d’un banale teatro
Un essere, che non era che luce, oro e veli,
calcare l’enorme Satana;
ma il mio cuore, che l’estasi non visita mai,
è un teatro dove lo si attende
sempre – sempre invano – l’essere dalle ali di velo.
(Traduzione mia)
Foto: Pietro Da Cortona, Dio crea l’Immacolata. XVII sec. (elab. graf.).
Buon giorno e grazie per la speigazione, adesso capisco meglio il suo concetto e il suo scritto.
Gentile Roberta, La ringrazio del Suo intervento, che mi permette di dare qualche precisazione (forse utile anche ad altri). Quando ho scritto che la parola “immacolato” (parlavo di un comune aggettivo, prima che di un termine tecnico teologico) è “negativa” intendevo naturalmente che essa è tale dal punto di vista logico, essendo composta da un aggettivo (“-macolato”) e da un prefisso che indica negazione (“im-“, che prima era “in-“, ovvero “non”). Siccome poi l’aggettivo “macolato” (= “macchiato”) è a sua volta negativo (ma negativo moralmente, non logicamente!), e visto che la negazione di una negazione è un’affermazione, la parola “immacolato” diventa, per noi, positiva.
Lei risulta, poi, ben informata quanto al contenuto del dogma mariano: “Immacolata Concezione” significa proprio quello che Lei ha detto, e spero che nessuno voglia mettere in dubbio una cosa tanto chiara e importante. Lo scopo dell’articolo era soltanto mettere in luce come spesso confondiamo “immacolato” con “puro”, mentre c’è una piccola (ma sostanziale) differenza tra i due concetti. Inoltre cercavamo di evidenziare il fatto che l'”immacolato” è diverso dal “puro” anche perché persino i sognatori più tenaci smettono, a un certo punto, di cercare il “puro”, mentre l'”immacolato” sperano sempre di poterlo trovare.
Spero di esserLe stato d’aiuto; in ogni caso è Lei che è stata d’aiuto a me e agli altri lettori. La Redazione si augura vivamente di potersi giovare dei Feedback degli utenti de LaPorzione.it.
A me questapagina non e piaciuta: la trovo molto strana, specialmente quando dice che la parola “immacolata” è negativa??? E poi l’immacolata, per quello che ne so io, fa referimento al fatto che lei è stata concepita senza peccato.