Dai Marsi al Miracolo

Il nuovo Arcivescovo di Lanciano-Ortona parla ai nostri microfoni: tremori, aspettative e speranze di un pastore che attende di prendere contatto diretto col gregge affidatogli; languori e nostalgie di un uomo che chiude un grande capitolo della sua vita.
Monsignor Cipollone, ha voluto indirizzare alla diocesi un’affettuosa lettera che traspira pensiero e preghiera; come le è venuta quest’idea?
Ecco, proprio pensando e pregando! E anche provando ad immaginare i volti delle persone che incontrerò: presbiteri, religiosi/e, famiglie, giovani… Alcuni di loro già li conosco, di alcuni ho sentito la voce quando mi hanno chiamato per farmi gli auguri, altri li conoscerò: con tutti vorrei avere un dialogo basato sul rispetto, sull’affetto, sulla sincerità, in spirito di autentica collaborazione.
Ha scritto di “fughe in avanti”, “resistenze indietro”, “avventure soliste”… Cos’è? Ha voluto individuare un Triangolo delle Bermuda per la rotta della Chiesa?
Beh, in effetti, credo che, nel corso dei secoli e anche oggi, queste siano fra le tentazioni più pericolose che come Chiesa corriamo. Perché il “corpo mistico” funzioni bene – ce lo ricorda anche san Paolo – occorre che i carismi e i ministeri, nella loro specificità e originalità, siano per “l’utilità comune” in un solo Signore e in un solo Spirito.
Lei sa bene, per essere tuttora un prete e per aver accompagnato molti sacerdoti e seminaristi nella loro formazione, quanto l’idea di “prete” che la vulgata propone sia vaporosa e sfuggente: ha proposto invece per loro un sintetico programma in tre punti – “ministero della Parola”, “celebrazione dei misteri”, “testimonianza evangelica”. Naturalmente, un solo atto di questi tre tipi li contiene e riassume tutti: il suo volerli così individuare ha una ratio sottesa?
Come è più volte scritto nei vari documenti – dal Concilio Vaticano II in poi – voleva essere “semplicemente” ricordarci vicendevolmente i doni e i compiti che ci sono stati affidati come presbiteri.
Parliamo di quell’organismo ecclesiale, cui lei s’è rivolto con tanta particolareggiata attenzione chiedendo “accoglienza”, “collaborazione” e “preghiera”. Sebbene chi la conosca possa escludere qualsiasi velleità giovanilistica in lei, anzi proprio per questo, voglio farle una domanda su due tipi di gioventù, cui lei si rivolge: ai suoi seminaristi ricorda che essi sono “la speranza della diocesi”; ai giovani della diocesi che il loro tempo non è “sempre e solo il domani, ma l’oggi”. C’è un’incongruenza? O c’è un oggi dei seminaristi che già vive del respiro diocesano?
Come è noto a tutti la diocesi di Lanciano-Ortona non ha molti preti locali e, soprattutto, non li ha giovani. È chiaro, quindi, che se i seminaristi sono la speranza di ogni diocesi, per la nostra lo sono anche di più! Certamente, poi, il fatto che, nell’itinerario formativo del seminario, dalla quarta teologia i seminaristi tornino in diocesi per la loro attività pastorale favorisce la loro conoscenza e il loro inserimento nella diocesi stessa; favorisce, insomma, che possano “sentire” il respiro della diocesi.
Per quanto riguarda i giovani della diocesi – riprendendo un’idea di Giovanni Paolo II e di don Tonino Bello – intendevo dire che non devono essere visti e non devono vedersi sempre “in prospettiva”, come se solo “domani” si potesse fare qualcosa con loro e per loro e come se loro stessi pensassero che solo “domani” potessero essere protagonisti nella Chiesa: già “oggi” è il loro tempo, già “oggi”, se sono quello che devono essere (Giovanni Paolo II alla GMG del 2000), possono “incendiare” la Chiesa e il mondo.
E a quale domani pensa per i giovani? In particolare, come si coniuga, in merito ad essi, il suo desiderio di servirli e la richiesta della loro collaborazione?
Nel non voler servirmi di loro come “coreografia”, “come fiore all’occhiello del nostro ascendente sociale” (don Tonino Bello) e nella constatazione del fatto che, nonostante se ne parli molto, sostanzialmente di loro non importi quasi niente a nessuno, nasce il desiderio di servirli senza paternalismi, ma riconoscendo la “bellezza” e, a volte, la “profezia” dei loro sogni; sogni di giovani ancora capaci – nonostante tutto – di scommettere la loro vita sull’amore. Penso, perciò, ad un domani in cui i giovani non siano solo “consumatori” di prodotti o “panchinari” ad oltranza e precari a vita, ma persone che possano trovare un lavoro, formarsi una famiglia, avere una casa, impegnarsi – come solo loro sanno fare – in ambito sociale ed ecclesiale…
Veniamo a domande più personali, visto che il primo dei suoi ringraziamenti va alla sua famiglia: vuol dirci che cosa è stato e cos’è per loro – fino ad oggi – avere un Arcivescovo in casa?
Penso che ancora non si sono resi perfettamente conto di ciò che sta succedendo (del resto, ancora nemmeno io!)… Quando lo hanno saputo sono rimasti senza parole e la commozione l’ha fatta da padrona; adesso, da una parte c’è la gioia e anche un po’ di “soddisfazione”, dall’altra la preoccupazione per l’impegno, la lontananza, le difficoltà… Sono, comunque, pronti, come sempre, ad accettare le conseguenze – a volte imprevedibili – della mia disponibilità che già in altre occasioni hanno avuto modo di “sperimentare”.
Un paio di “domande indiscrete”, se vuole: nella lettera ha accennato ai problemi che “inevitabilmente […] segnano il territorio” di Lanciano-Ortona – che cosa la impensierisce particolarmente?
Il discorso era molto generale: ogni territorio ha risorse, potenzialità e problemi e, quindi, anche quello di Lanciano-Ortona. Mi sono mantenuto sul generale perché, pur conoscendo qualcosa dalla stampa e da qualche incontro che sto facendo in questi giorni, ancora non ho una visione adeguata della realtà per cui non aggiungo altro.
E se le chiedessimo di scambiare con noi qualche ulteriore confidenza sui “nuvoloni nerissimi”, cui accenna nella lettera in riferimento esplicito alla sua vita personale?
Facevo riferimento ad alcuni momenti particolari in cui lo scoraggiamento sembrava prevalere o perché, dopo una semina abbondante che lasciava prevedere un altrettanto abbondante raccolto, ci sono stati trasferimenti imprevisti o perché, a volte, al contrario, pur avendo preparato con cura il terreno e avendo seminato i frutti sembravano tardare. In queste occasioni, oltre la preghiera e la fiducia nel Signore, è stato davvero importante avere persone e famiglie amiche che mi hanno sostenuto e incoraggiato.
Che cosa crede che le mancherà della vita da prete, che ha condotto con passione e impegno?
Il numero grandissimo di relazioni, gli incontri e gli impegni tipicamente sacerdotali, le serate informali, le confessioni e i colloqui spirituali, una certa riservatezza… Non è detto, però, che tutte queste cose debbano “sparire” completamente!
Un pensiero in vista della Consacrazione Episcopale.
Il Signore porti a compimento, secondo la Sua volontà, ciò che ha iniziato.