«…e i suoi “portali” non prevarranno contro di essa…»
Il Meeting non riuniva bloggers esclusivamente cattolici, ma di certo gran parte di essi lo era, e soprattutto è stato organizzato dalle forze congiunte del Pontificio Consiglio per le Comunicazioni Sociali e dal Pontificio Consiglio della Cultura, nonché svolto in territorio vaticano (per visionare immagini del Meeting clicca qui, mentre per visionare i nomi dei bloggers partecipanti qui). I postumi non ancora trascorsi della beatificazione di Giovanni Paolo II, poi, hanno circondato di un’aura marcatamente “petrina” la riunione. Difatti le allusioni alla rete, all’oceano dei contatti possibili (con relativa “liquidità”), al farsi “pescatori di uomini” hanno molto a che fare con l’attività del Principe degli apostoli. Questa mattina Paolo Rodari aveva ricordato sul suo blog l’apologo con cui si vuole che abbia avuto origine l’avventura della Santa Sede online. Sulla stessa lunghezza d’onda s’è mosso P. Federico Lombardi accennando – discretamente, va detto – alla straordinaria apertura del successore di Giovanni Paolo II nei confronti delle possibilità aperte dai nuovi mezzi di comunicazione (gli sms con frasi di Benedetto XVI inviati, durante la GMG di Sidney, ai cellulari di tutti i partecipanti, il canale YouTube, l’intervista televisiva mandata in onda lo scorso Venerdì Santo). Una storia ancora breve, ma ricca di densità d’animo e di audacia: la giornata di oggi s’è proposto il tacito ordine del giorno di abbozzare un “punto della situazione” in questo senso, ma – precisa Richard Rouse, uno degli organizzatori –: «Non è una questione di semplice pubblicità. Ci esponiamo a un rischio, a una serie di rischî. Non siamo qui per dare istruzioni di netiquette cattolica; non cerchiamo neanche di sapere come essere efficaci, anche se per tutte queste cose abbiamo certo delle idee e c’interessa ascoltare le vostre».
Sala stracolma: centocinquanta persone di ogni età e genere, di ogni continente e stato di vita, armati fino ai denti di i-Pad e simili o solo di una “matita da pensatoio”. Diversi giornalisti italiani si sono raggruppati nelle prime file. Sugli schermi di qualche macbook brillano immagini religiose, ma gli atteggiamenti mistici più contemplati sono quelli di qualche zelante blogger che non ce la fa a lasciare agli organizzatori la responsabilità di una trasmissione in streaming, e sfrutta il wireless del palazzo per inviare tramite i-Pad le immagini del momento e sollecitare su Twitter i Re-twitt del popolo della Rete. «Ci sono in questo momento – ha dichiarato P. Antonio Spadaro (vedi il suo blog) – due convegni contemporanei: uno lo sto moderando io, l’altro lo sta facendo ciascuno di voi mediante twitts». Era divertito, il gesuita redattore de La Civiltà Cattolica (clicca link) e ideatore di Bombacarta (clicca link), e col suo consueto gusto per il paradosso ha illustrato il compiacimento che si potrebbe provare nell’ammettere che lì eravamo un po’ tutti confusi: «Se siamo qui è perché siamo confusi e scriviamo in modo confuso. Qual è il focus di questo incontro? Non c’è: siamo qui per mettere in moto delusioni, desiderî, aspettative».
Tanti i temi, li si potrebbe raccontare per ore: nella prima parte dell’incontro, ad esempio, c’era stato un simpatico incrocio di lame sulla valutazione da dare all’apporto del narcisismo tra le motivazioni di un blogger: «Ci sono tre ragioni per bloggare – elenca François Jeanne-Beylot (vedi il suo blog) –: c’è chi lo fa per profitto; altri per far passare le proprie idee; il rischio di gratificarsi c’è, sì, quindi l’ego, ma un concorso di (almeno) una delle tre va ammesso e accettato». Una blogger dalla platea attacca la posizione; risponde in seguito Spadaro: «C’è del narcisismo, sì, ed è naturale, perché al blogger è richiesto di esporsi e lasciarsi giudicare, o perfino ignorare». Stoica la stoccata di P. Lombardi, che difende la possibilità di cimentarsi anche in attività telematiche per puro spirito di servizio (sì, ha ragione, ma un portavoce è cosa ben diversa da un blogger). Tra i personaggî più difficilmente ignorabili del nutrito gruppo di relatori c’è senz’altro P. Roderick Vonhögen (vedi il suo blog), di cui Costanza Miriano ha scritto nel proprio blog: «C’era un prete olandese, Roderick Vonhogen, che ha cominciato a bloggare sul tema di Star Wars, ottenendo 10mila contatti al giorno, è riuscito a fare delle prediche distribuendo consigli su Farmville, ha fatto un blog su Tolkien e ieri ha seguito la beatificazione in diretta su twitter, rispondendo a domande come “ma per essere beatificati bisogna essere morti?”; “ma il Papa era polacco o tedesco?”».
Frivolezze? Forse, ma non superficiali: quello che queste citazioni telematiche esprimono è la sensibilità del Web 2.0, che eleva in modo esponenziale la percezione della facoltà di intervento in ogni singolo lettore (che immediatamente è già, se non uno scrittore, perlomeno un interlocutore). Questo è il mondo dei bloggers, così come appariva oggi: disparato, senz’altro, ma unanime nell’essere ricco di idee, di grinta, di proposte (talvolta conflittuali nei principî o nelle conseguenze) – lo specchio telematico di una Chiesa capace di accogliere la divergenza, di ascoltarla con delicatezza materna: «È una chiesa con la “c” minuscola – diceva ancora Jeanne-Beylot –, ma che può ben accostarsi alla Chiesa con la “c” maiuscola. […] Abbiamo il grande vantaggio, rispetto alla gerarchia, di poter rappresentare la Chiesa senza impegnarla. La Chiesa non potrebbe aiutare, tramite i blogger, a utilizzare meglio internet per cercare la verità, la buona informazione?».
Così, passando da considerazioni abbordabili ad altre più profonde (per finire con le vere e proprie novità), P. Lombardi aveva ricordato che «nell’Inter mirifica e nella Communio et progressio si parla abbastanza ampiamente del fatto che nella Chiesa dev’esserci un’opinione pubblica, e che il Magistero deve svilupparsi in dialogo con questa opinione pubblica. Non vuol dire che esso perda la sua funzione di guida, ma che esso è chiamato a esercitarsi come ministero dialogico. Questo tema non è stato adeguatamente valorizzato, negli ultimi decennî».
C’è speranza, dunque, di avere davvero un lavoro serio, grande e impegnativo da compiere. E gli strumenti? Non si ha spesso la sensazione che – quando anche si riconoscono gli sforzi dei singoli – le energie messe in campo sono poco coordinate? Mentre P. Lucio Ruiz illustrava la portata di certi limiti tecnici dell’attuale portale della Santa Sede (www.vatican.va), e della sconvenienza teologica di aprirlo indiscriminatamente al Web 2.0, Thaddeus Jones ha esposto la varietà e la potenza di certi mezzi telematici già usufruibili (Vatican Player, CTV, CTV YouTube, agenzia Fides, PCCS), e le novità in arrivo. Già online la banca dati www.intermirifica.net, continuamente aggiornata; ultimi ritocchî invece per quello che si annuncia come un rivoluzionario portale destinato a raccogliere continuamente i maggiori link dalle più importanti agenzie e testate del mondo, in tutte le lingue in cui gli uomini scrivono – una piattaforma sociale dedita ad aprire una vasta gamma di contenuti facilmente condivisibili (l’indirizzo, dal dominio per ora inattivo, sarà www.news.va). Essa racchiude social network come Facebook, Twitter, YouTube e anche Flickr! Che sarebbe, ad esempio, se anche un portale di geniale intuizione (ma d’interfaccia ormai superata) come www.siticattolici.it si evolvesse verso questi standard?
Tanta carne sul braciere del Web, dunque, e l’incoraggiamento per tutti a pensare e a scrivere la propria, nel rispetto della libertà altrui e nella responsabilità delle proprie dichiarazioni. È partita tardi, in questo, la Chiesa? «Sì – aveva ammesso già in apertura monsignor Celli – ma ora siamo qui e intendiamo rimboccarci le maniche».
Risuona nell’aria – meglio, nel wireless – una parafrasi della promessa di Gesù a Pietro riguardo alla Chiesa: «…e i “portali” degli inferi non prevarranno contro di essa».
La questione è tutta ancora aperta, abbiamo capito. Tuttavia, mi piacerebbe sapere, allo stato attuale, quali siano i “requisiti”, se ci sono -anzi ci devono essere, perchè un blogger si possa dire cattolico. A mio parere, una prima distinzione dovrebbe essere fatta tra blog e blogger. Brevemente, intendo dire, che un blog “corale” in cui interagiscano più voci e una di queste voci (perchè la forma fa la sostanza) sia una voce di riferimento autorevole ed “autorizzata” ad esprimersi sul magistero della chiesa, per me è, sì, un blog cattolico composto da bloggers cattolici con carismi differenti. La stessa evidenza non me la suscita, invece, un blog di un solo blogger cattolico laico. Al di là del problema del narcisismo e dell’autoreferenzialità, succederà, prima o poi, che uno di questi bloggers si troverà davanti a qualcuno che gli farà domande che richiedono risposte “autorevoli ed autorizzate” e, allora, siamo sicuri che sarà in grado di rispondere? Azzardarsi ad affrontare temi “caldi” per la fede in un blog, e poi rispondere alle domande “scottanti” con, semplifico, -anche se non sono un teologo/per la mia esperienza di fede- secondo me, genera più rischi per la fede che vantaggi. E, comunque, non lo definirei un blogger cattolico. Lo definirei: il blog di una persona che si professa ANCHE cattolica. Per me c’è differenza.
Stoica la stoccata di P. Lombardi, che difende la possibilità di cimentarsi anche in attività telematiche per puro spirito di servizio (sì, ha ragione, ma un portavoce è cosa ben diversa da un blogger). Non sono per niente d’accordo con il commento messo fra parentesi! Tutto quello che ha a che fare con la relazione con gli altri si può fare per spirito di servizio! Che non è qualcosa di particolarmente ascetico/mistico: vuol dire semplicemente voler bene agli altri e desiderare di aiutarli, condividendo quel poco che si ha, e cercando assieme ciò che manca. Non capisco proprio perché si stenti a vedere questo come possibile anche in un’attività come tenere un blog! Poi, certamente, c’è anche il narcisismo e l’autoaffermazione, mischiati assieme. Quelli sono scontati, ma non tolgono il valore che c’è alla base, se c’è. Perché tanto disincanto? Non si può forse bloggare per amore?
Certo che si può bloggare per amore, Vittoria. Ne sono così persuaso che il mio commento cominciava con “sì, ha ragione”. Ho ritenuto però opportuno sottolineare la distinzione tra i due lavori perché proprio P. Lombardi aveva esordito dicendo che non era propriamente addentro alle questioni di blogging, pur trovandovi un appoggio preziosissimo per il suo lavoro.
Condivido appieno le tue parole sul senso del servizio, e difendo la mia posizione dall’accuso di “disincanto”: in realtà cerco di evitare l’ingenuità di ritenere che ci sia un amore tanto “agape” da non avere in sé nulla dell'”eros” – cosa che il Santo Padre ha voluto insegnarci nella sua prima Enciclica, e che in fondo anche tu hai ammesso. E sono ancora d’accordo con te sul fatto che narcisismo e autoaffermazione “non tolgono il valore che c’è alla base, se c’è”: altrimenti Spadaro e Lombardi si sarebbero dovuti sferruzzare all’ultimo sangue, no? Le posizioni hanno accenti diversi, ma mi sembrano pienamente conciliabili. Grazie dell’osservazione.
Praticamente non hanno ascoltato i presenti, semplicemente incoraggiato!!
E’ vero, vatican.va non si apre al web2.0 e ci può anche stare, ma che l’Osservatore Romano “scenda” online con una veste grafica balorda, tanto quella cartacea, e senza la possibilità di commenti, lascia un po’ pensare che di confronto – nella Chiesa, ops, nella chiesa – proprio non se ne voglia!!